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BOLOGNA – “La giustizia non ha fine” dice Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime del 2 Agosto. Ma oggi una parola fine almeno nel nuovo processo della strage alla stazione è arrivata, 42 anni dopo: ergastolo per Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale accusato di concorso nella strage, con un anno di isolamento diurno. La sentenza è stata letta in aula poco fa dal presidente della Corte d’Assise, Francesco Caruso.
L'”uomo nero”, 68 anni, viene riconosciuto da questa sentenza come quinto attentatore, in concorso con i Nar condannati in definitiva, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini e, in primo grado, Gilberto Cavallini.
Per quanto riguarda gli altri imputati, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel è stato condannato a 6 anni per depistaggio, come chiesto dall’accusa, mentre per Domenico Catracchia, l’ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, imputato per false informazioni ai pm, la pena decisa dalla corte è di 4 anni, superiore ai tre anni e sei mesi chiesti dalla procura generale.
Strage alla stazione di Bologna, la lettura della sentenza: ergastolo per l’ex Nar Paolo Bellini
In aula erano presenti solo Bellini e Segatel. Prima di ritirarsi per deliberare si sono svolte le ultime repliche dei Pg alla difesa di Segatel, assistito dall’avvocata Anna Colubriale, che poi ha preso la parola portando a termine le sue controrepliche.
Paolo Bellini al processo
Il 26 ottobre 2017 la Gip Francesca Zavaglia era entrata in aula per decidere la richiesta di archiviazione del fascicolo “Mandanti” presentata dalla Procura ordinaria. Per i pm di via Garibaldi l’indagine svolta per alcuni anni non ha portato risultati apprezzabili e va dunque cestinata. A inizio udienza, a sorpresa, si presentano però l’avvocato dello Stato Alberto Candi e il sostituto procuratore Nicola Proto con in mano una richiesta di avocazione dell’inchiesta.
Niente archiviazione, la Procura generale ha deciso di estromettere la Procura ordinaria e di andare avanti, di cercare ancora. Zavaglia guarda le carte, ascolta magistrati e parti civili e detta i tempi: “Due anni per indagare, poi basta”. I pm del procuratore Giuseppe Amato gestiranno solo il processo contro Gilberto Cavallini, ex Nar, poi condannato all’ergastolo (in primo grado) quale componente del gruppo di stragisti assieme a Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (tutti e tre già condannati in via definitiva). I magistrati del Procuratore Ignazio De Francisci invece continueranno a dare la caccia ai mandanti.
Chi è Paolo Bellini, condannato in concorso nella strage alla stazione di Bologna
di
Giuseppe Baldessarro
Per completare il pool, a dare man forte a Candi e Proto, arriva il sostituto Umberto Palma. Si inizia a lavorare partendo dagli elementi messi assieme dai legali dell’associazione dei familiari delle vittime della strage. Sulla scrivania c’è un lungo memoriale nel quale si parla di un filmino girato in stazione il giorno dell’attentato, delle intercettazioni di Carlo Maria Maggi provenienti dal processo sulla strage di Brescia e, soprattutto, il “documento Bologna”, l’appunto sui flussi di denaro del capo della P2, Licio Gelli, dal 1979 al 1981. Nei due anni successivi dell’inchiesta trapela poco o nulla. Si sa delle trasferte dei magistrati a Milano, a Roma, a Palermo e di decine di persone sentite.
Il 30 marzo 2019 gli inquirenti chiedono che il fascicolo su Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia nazionale, venga riaperto. La sua posizione era stata archiviata nel 1992, ma adesso affiorano nuovi elementi. Il più importante è che nel filmino girato in stazione si vede un uomo che gli somiglia, potrebbe essere lui. Bellini, reo confesso dell’omicidio del militante di Lotta Continua Alceste Campanile e di una dozzina di delitti, risulta essere un killer legato ad ambienti dei servizi segreti deviati. Ora è nuovamente indagato per la strage, anche se per il 2 agosto ha un alibi: quella mattina, fa mettere a verbale, non poteva essere a Bologna, è partito presto da Rimini con la moglie per una vacanza sulle Alpi.
Bologna 2 Agosto. L’ex moglie riconosce Paolo Bellini in un video girato alla stazione il giorno della bomba
di
Giuseppe Baldessarro
L’11 febbraio 2020 arriva la conclusione indagini. Si scopre che sono quattro gli indagati. A Bellini viene contestata la strage in concorso di Licio Gelli, Umberto Ortolani (suo braccio destro), Federico Umberto D’Amato (ex capo dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno) e Mario Tedeschi (ex direttore de “Il Borghese” ed ex parlamentare del Msi). Sono tutti già deceduti, ma ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori della strage.
Bellini avrebbe agito assieme ai Nar già condannati. Gli investigatori sostengono di aver ricostruito il flusso di denaro che dalla P2 è stato elargito ai terroristi neri per l’operazione “Bologna”. Le indagini, inoltre, hanno stabilito che quello nel video della stazione è il neofascista, e in più c’è la testimonianza dell’ex moglie, Maurizia Bonini, che lo ha riconosciuto.
Oltre a Bellini nel mirino degli inquirenti finiscono anche l’ex generale dei servizi segreti di Padova, Quintino Spella (deceduto poco prima l’inizio del processo), accusato di depistaggio, l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel, anche lui per depistaggio, e Domenico Catracchia, accusato di falso.
Il 15 febbraio 2021 il Gip, Alberto Gamberini, rinvia tutti a giudizio, il processo si aprirà il 16 aprile. La corte d’Assise di Bologna è presieduta dal presidente del tribunale Francesco Caruso.
Settantasette udienze, oltre cento testimoni ascoltati in aula, un confronto all’americana e diverse decine di verbali, di informative degli investigatori. Una mole di lavoro imponente che parte dalla strage di piazza Fontana per finire alle testimonianze raccolte anche di recente tra gli ufficiali di Sismi e Sisde ancora in vita. Viene ricostruita minuziosamente la rete dei gruppi eversivi di estrema destra, i rapporti con i servizi segreti, omicidi, attentati e rapine. Protezioni inconfessabili di Bellini, come quella dell’ex procuratore di Bologna, Ugo Sisti.
E ancora: i flussi di denaro di Gelli, il ruolo di spione di D’Amato, la pista che porta ai legami con le mafie e con apparati segreti dello Stato come “L’anello”. La vita dell’imputato viene sezionata, dai primi delitti tra le fila di Avanguardia nazionale della fine degli anni ’70, ai lavori sporchi per conto della destra, la fuga in Brasile, la latitanza col falso nome di Roberto Da Silva e i legami del padre Aldo con fascisti e spie di Stato.
La svolta processuale si registra il 21 luglio 2021, giorno in cui in udienza l’ex moglie, dopo aver visionato il video amatoriale del 2 agosto, conferma: “E’ lui”. Per poi aggiungere che l’alibi fornito a suo tempo è falso.
Bellini si è sempre detto innocente: “Sono un ladro, un assassino, un criminale, ma non uno stragista”. Durante il processo è stato male più volte, operato al cuore, poi contagiato dal Covid, ma ogni volta che ha preso la parola lo ha fatto per dire che non ne sapeva nulla. La sentenza di oggi mette un punto, ma non l’ultimo.