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“Lo dico senza giri di parole: voglio una vendetta politica”, e si intuisce che nel pronunciare la frase a effetto Gianluigi Paragone immagina già di riuscirci e perciò degusta parecchio godimento. Un po’ di vecchia Lega, un po’ di vecchio M5S, cioè un (bel) po’ di sovranismo e un (bel) po’ di “non ce lo dicono” d’ordinanza: shakera il tutto ed eccoti Italexit, il suo partito che i sondaggisti ormai da mesi non mettono più nella categoria “altri”. Quotata dal 2 al 4,5 per cento, la creatura del senatore e giornalista – fu direttore della Padania, quotidiano della vecchia Lega Nord chiuso da Matteo Salvini, poi popolare conduttore televisivo a La 7 con “La Gabbia”, portato a Palazzo Madama dai 5 Stelle nel 2018 e uscito in polemica dopo la creazione del governo giallorosso – vive un momento d’oro: se Lega e 5 Stelle hanno abbandonato la via populista e oggi assieme sostengono il “governo dei migliori”, quello spesso confuso spazio di protesta senza tentennamenti va riempito e così assistendo ad un’adunata di Paragone, uno che macina comizi su comizi in giro per l’Italia e dirette Facebook su dirette Facebook, sembra di fare un tuffo nel recente passato: contro l’Europa e i burocrati di Bruxelles, cavallo di battaglia di salviniana memoria; contro l’obbligo vaccinale – che non c’è mai stato – e la politica economica di Mario Draghi, un misto di nazionalismo, statalismo e difesa del mondo del lavoro che negli anni passati ha fatto la fortuna (anche) del suo ex partito. E poi la guerra: ovviamente Italexit non accetta la cosiddetta narrazione dominante, per cui con Vladimir Putin occorre trattare, non avendo la Russia tutti i torti. No al “pacifismo armato” e sì alla “vera” diplomazia. Tra le proposte del partito c’è la cosiddetta rinascita industriale, lavoro e casa per tutti, ambientalismo radicale, parole d’ordine che sanno di sinistra contro le multinazionali ma pure altre di destra, vedi la difesa dei poveri (si fa per dire) balneari; al contempo i dubbi sul vaccino contro il Covid rimangono un tema caldissimo che ancora oggi polarizza, fa discutere, regala visibilità, fomenta paure e in certi casi traina simpatie.
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Paragone quindi non inventa nulla sul piano politico e neanche a livello organizzativo: ha aperto un sito di news alternative, ilparagone.it, c’è un altro portale amico come Byoblu (“la tv dei cittadini”) che è una sorta di canale fiancheggiatore, le pagine social sono molto performanti (su Facebook Paragone ha 1,5 milioni di fan) e nel frattempo ha imbarcato trasversalmente del personale politico in cerca d’autore. All’inizio arrivarono in diversi anche da sinistra, come l’ex deputato comunista bologneseUgo Boghetta, demoproletario e dopo in Rifondazione; o l’economista neosocialista radicale e sovranistaThomas Fazi; poi però se ne sono andati entrambi. Nella squadra di Italexit ci sono colleghi di Paragone fuoriusciti dal M5S (i senatoriMario GiarrussoeCarlo Martelli, la deputataJessica Costanzo) ed ex leghisti comeWilliam De VecchiseMassimo Zanello, che fu assessore regionale lombardo conRoberto Formigoni. Infine si danno da fare quelli che sotto sotto sperano nel salto in politica, comePaolo Bianchini, portavoce di Mio Italia, associazione di operatori della ristorazione e dell’accoglienza oppure il costituzionalistaDaniele Trabucco.
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L’organizzazione del partito è di quelle classiche: sede fisica a Milano, coordinamenti regionali e provinciali in tutta Italia, congresso nazionale fissato a Roma per il 25 e 26 giugno. Il primo vero tesseramento è iniziato a gennaio, “finora siamo quasi arrivati a quota 10 mila”, assicura il responsabile organizzazioneLuciano Bosco. “La nostra scelta è stata quella di fare un partito classico, territoriale, e non una associazione di proprietà di un singolo perché non volevamo rifare l’errore del M5S”, racconta Bosco, imprenditore, uno dei primi attivisti del meetup a Vinovo (Torino). Per il futuro Paragone ha idee chiare: “Quanto prenderemo nel 2023? Non pongo limiti alla provvidenza, dipende dal grado di disperazione di questo Paese. L’obiettivo politico è l’uscita dall’unione monetaria e non è un capriccio, i fatti dicono che i cittadini italiani ci hanno solo rimesso”. La strategia è chiara: “Prenderemo i voti approfittando del tradimento di Lega e M5S, la campagna elettorale ce la faranno loro. Chi ha preso i voti per fare l’antisistema e oggi fa il vassallo del sistema si dovrebbe vergognare, noi di sicuro gliela faremo pagare”. Siccome in genere la storia si ripete, viene spontaneo chiedersi se anche Italexit alla fine non dovrà fare compromessi con la realtà. Paragone giura che non tradirà: “La mia storia è quella di un maledetto testardo, mi dimisi da un contratto a tempo indeterminato in Rai, la mia libertà ha vissuto tante prove. Certo – avverte – chi viene con noi deve sapere che il titolare della baracca ha un pessimo carattere…”.