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Sciopero scuola 30 maggio, a rischio le lezioni: attesa un’alta adesione

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Dopo sette anni dall’ultimo sciopero corale, il popolo della scuola scende in piazza. Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals, Gilda e Anief, che si è aggregata successivamente, chiamano a raccolta docenti, dirigenti scolastici e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) contro la riforma del reclutamento e della formazione iniziale inserita nel decreto-legge 36, in fase di conversione in parlamento. Ma anche per ottenere un rinnovo del contratto di categoria, che attende da tre anni e mezzo, con gli stipendi bloccati al 2018 ed erosi dall’inflazione che galoppa, per effetto della guerra in Ucraina, verso il 5,5/6% solo nel 2022. E per la tutela dei precari storici che proprio dal decreto-legge in questione non verrebbero, a parere dei sindacati, adeguatamente tutelati e valorizzati.

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I sindacati, che hanno organizzato una manifestazione a piazza Santi Apostoli aRomaa partire dalle 10.30 di lunedì 30 maggio, si attendono un’alta adesione allo sciopero che per gli organizzatori ha anche un valore politico. Coldecreto-legge in fase di conversioneil governo ha rivoluzionato le regole per diventare insegnanti di medie e superiori. E ha rimaneggiato i meccanismi per il loro reclutamento, introducendo incentivi per la formazione in servizio. Secondo irappresentanti dei lavoratori, con questo provvedimento l’esecutivo ha invaso un campo di pertinenza dei sindacati e della contrattazione. Quello messo a punto dal governo è un sistema integrato di formazione iniziale, abilitazione dei futuri professori, accesso al ruolo e aggiornamento in servizio che modifica profondamente le regole esistenti.

Per finanziare la formazione in servizio, che secondo i rappresentanti dei lavoratori metterebbe i docenti gli uni contro gli altri per pochi spiccioli, è previsto un taglio agli organici di circa 10mila unità e un taglio parziale alla Carta del docente. “Quella disegnata dal decreto – spiegano dalla Flc Cgil – è una formazione per nulla condivisa con i sindacati e calata dall’alto, finanziata con un cospicuo taglio di personale, mentre le nuove modalità di reclutamento – oltre a dare un nuovo impulso al mercato dei crediti – non lasciano nessuna possibilità di stabilizzazione per i precari, quelli che da anni hanno permesso alle scuole di andare avanti”.

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L’articolato del governo, scorporando l’abilitazione (per cui occorreranno 60 crediti universitari) e l’idoneità al concorso, allunga il percorso per approdare alla cattedra. E sottopone i nuovi entrati alla formazione in servizio obbligatoria e a continue verifiche in itinere e finali ogni tre anni. Inoltre, per un rinnovo del contratto scaduto da più di un triennio l’esecutivo ha messo sul tavolo qualcosa come 40/50 euro netti al mese in più in busta paga a docente. Un cifra che non copre neppure l’inflazione. “Stiamo registrando la voglia di manifestare di una categoria troppe volte sacrificata e mortificata. In molte realtà si stanno organizzando manifestazioni di protesta. La piazza di Roma – spiega Pino Turi, dellaUil scuola– sarà solo il megafono di una mobilitazione che i sindacati unitariamente hanno organizzato e che i lavoratori stanno animando e facendo propria”.

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Per laCisl scuola“lo sciopero del 30 maggio è una risposta giusta e necessaria per sostenere le ragioni della scuola e di chi ci lavora”. Per Elvira Serafini delloSnals“la riforma alimenta il precariato e svilisce la contrattazione”. La protesta, spiega Rino Di Meglio dellaGilda, mira a “una modifica sostanziale del decreto del governo sulla scuola, a ottenere più risorse per il contratto scuola, allo stralcio di tutte le parti che sono oggetto di contrattazione e alla soluzione del problema del precariato. Mentre il sindacato dei presidi, l’Anp, è contrario allo sciopero. “Il ritornello – osserva Cristina Costarelli di Anp Lazio – è il solito: stabilizzare i precari, non considerando per nulla il diritto degli alunni ad avere insegnanti migliori, più preparati, più aggiornati”.

Le ultime volte che il fronte sindacale si presentò compatto contro il governo fu nel 2008, contro la riforma Gelmini, e otto anni dopo, nel 2015, contro la Buona scuola del governo Renzi. Quattordici anni fa scesero in piazza 68 docenti su cento e 63 su cento tra docenti, dirigenti e Ata. Sette anni fa aderirono 65 docenti su cento. Un successo in entrambi in casi. I segretari generali di Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals, Gilda e Anief sperano che si possano replicare gli stessi numeri.

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