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Gli amici di Niccolò Ciatti ai giudici: “Quei due erano furie scatenate”

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Delle “furie scatenate”. In pochi secondi hanno messo in atto una violenza devastante, che ha provocato la morte di Niccolò Ciatti. Se le immagini dalla videocamera che ha ripreso la fine del giovane di Scandicci sulla pista del St Trop’ di Lloret de Mar sono sconvolgenti per la crudezza, le parole degli amici che erano con lui danno una prospettiva altrettanto drammatica di quanto è accaduto nella notte del 12 agosto 2017. Quella di chi si trovava lì, a pochi passi da Niccolò, e ha assistito impotente al pestaggio, culminato in un “calcio di quelli che si danno al pallone, di collo pieno, sulla tempia”.

Ieri si è aperto a Girona il processo contro Rassoul Bissoultanov, accusato di aver sferrato il calcio che ha ucciso il giovane italiano, e Mosvar Magamadov. Per il primo l’accusa chiede 24 anni di reclusione più 9 di libertà vigilata ipotizzando l’omicidio volontario. Per il secondo invece la condanna è richiesta dagli avvocati della famiglia Ciatti e da quelli che rappresentano gli esercenti delle discoteche e l’amministrazione di Lloret de Mar. La pena ipotizzata è 15 anni.

(ansa)
E ieri pomeriggio sono stati sentiti tutti i sei amici che si trovavano in vacanza con Niccolò quell’estate. Le parole hanno ridato vita a quanto successo ormai quasi cinque anni fa. Gli avvocati della famiglia Ciatti e il procuratore che sostiene l’accusa vogliono far capire alla corte e soprattutto ai giurati che si è trattato di omicidio volontario.

“Ho visto il ragazzo con la maglietta grigia spingere Niccolò”, ha detto Alessandro Marconi, riferendosi a Bissoultanov. “Non ho notato nessuna discussione prima ma quando il nostro amico si è sbilanciato all’indietro allungando le mani per non cadere, l’altro la preso a pugni. Almeno  un cazzotto lo ha centrato in faccia e lo ha fatto finire a terra”. L’amico cerca di avvicinarsi a Niccolò ma non ci riesce, perché nella pista della discoteca si crea un vuoto. “Qualcuno mi ha trascinato indietro. Lui era stordito da quei colpi. E mentre era quasi sdraiato il ragazzo con la maglietta grigia si è avvicinato e gli ha tirato una pedata di una forza inaudita come se colpisse un pallone da calcio”. Secondo il testimone si è trattato di una mossa “da professionista”.

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Proprio questo è uno dei punti centrali del processo, visto che l’accusa vuole provare che il giovane ceceno non poteva non rendersi conto che una botta del genere poteva uccidere e l’offesa invece parla di omicidio colposo. “E Nicco non si poteva difendere. Quando poi si sono accese le luci, quella persona è venuta verso di me. Io ero terrorizzato, ho messo le mani avanti come per dirgli “calmati”. Aveva uno sguardo pieno di rabbia, me lo ricordo ancora. Mi ha sferrato un pugno, io per evitarlo mi sono buttato all’indietro e sono caduto”.

Bissoultanov si allontana con il suo amico e i ragazzi toscani cercano di soccorrere Ciatti, insieme a due buttafuori che arrivano un po’ dopo. Lo portano fuori ma lui è già privo di sensi, con un filo di sangue che esce da un orecchio.

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Filippo Verniani racconta anche del ragazzo con la maglietta rossa, cioè Magamadov. “Anche lui voleva fare del male a Niccolò. Quei due erano delle furie scatenate, come impazziti”. Magamadov, dice il testimone, minacciava di colpire chi provava ad avvinarsi, quando Niccolò è finito in terra. Per questo quel cerchio in mezzo alla pista è rimasto per alcuni secondi.

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“Quello con la maglietta grigia ha avuto tutto il tempo di dare il calcio. Ricordo molto bene il rumore dell’impatto del piede sulla testa del nostro amico, malgrado la confusione della discoteca”. Bissoultanov “sapeva dove colpire per poter fare più male possibile, è una persona che sa picchiare”. Del resto il ceceno è un lottatore. “Si muovevano in modo coordinato”. Andrea Lacagnina, invece, ha visto un particolare che agli altri è sfuggito, nel trambusto della discoteca, anche il ragazzo con la maglietta rossa avrebbe aggredito Niccolò, prima dell’altro. “Lo ha preso per il collo. Io gli sono saltato sulla schiena per fermalo ma lui mi ha buttato a terra. Poco dopo sulle mie gambe è finito Nicco, ed è stato colpito alla testa”.

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Luca Serranò

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