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BELLUNO – L’uomo che riempiva le piazze adesso le svuota o le raffredda. Da trascinatore a zavorra, da “capitano” a “aggiunto”. Un leader depotenziato fino a gettare un’ombra di sostenibile imbarazzo tra gli elettori che, prima, sapeva incantare e portare dove voleva lui.
“Ecco Matteo, facciamo un applauso!”, dice un rigidissimo Luca Zaia sotto il dehor del “Deon”, pasticceria dal 1870. Ad accogliere Salvini, in piazza dei Martiri a Belluno, pochi applausi e non proprio da mani spellate. Più cronisti e cameraman che elettori: si fa fatica a contarne cinquanta. Davvero non sembra sia arrivato il leader, l’ex ministro, l’ex uomo forte. Il capo del “chi si ferma è perduto” che ormai è metafora al contrario. Le cinque del pomeriggio.
Salvini, il leader credulone e la surreale corte dei finti pacifisti
di
Francesco Merlo
Pioviggina, sì. Ma i problemi sono altri. Una tregua armata: questo doveva essere, letto in controluce dopo la figuraccia del mancato viaggio a Mosca, l’incontro elettorale per il candidato sindaco Oscar De Pellegrin (il pluricampione paralimpico sostenuto da Lega e FdI: “strapperemo Belluno al centrosinistra”). Oggi si parla di lui, ma al centro c’è altro: l’armistizio tra il sempre più assediato Salvini e la Lega “oltre Salvini”, quella governista di Giorgetti che tiene sotto ala gli autonomisti Zaia e Fedriga.
Non a caso Giorgetti in serata da Trento afferma lapidario: “Cosa faranno Lega e 5 Stelle? Bisogna chiedere a Salvini e Conte. Credo che sia un passaggio rischioso ma Draghi persegue l’obiettivo della pace. Non so cosa proporrà il premier ma il Parlamento è sovrano e quindi se non la pensa come il presidente del Consiglio bisognerà trarne le conseguenze”.
A Belluno intanto il “doge” arriva puntualissimo; Matteo non c’è ancora. “Chi organizza?”, sussurra Zaia. Ecco, tra salatini e bottiglie di prosecco, i maggiorenti locali.
Salvini: “Dal Copasir minacce inaccettabili. La pace merita qualunque tipo di incontro. I contatti con la Russia continuano”
Non è che il governatore giochi in casa, Belluno è roccaforte della sinistra: ma dei 60 Comuni bellunesi più della metà sono a guida Lega “zaiana”. “È l’uomo giusto”. Non ha dubbi l'”orso grigio”, al secolo Silvano Serafini: camicia verde, è candidato in consiglio. E Salvini? “Sbaglia i tempi”. Anche fuor di metafora. Il promesso viaggiatore-paciere consigliato da Antonio Capuano arriva da Verona: dicono abbia allungato per portare un saluto al senatore Paolo Saviane al cimitero di Alpago. Mentre Zaia e De Pellegrin parlano a una manciata di elettori, Salvini è a 10 metri a fare selfie con un gruppo di ragazzini. E’ la scena madre.
Raccontano sia stato lui, il “capitano”, a volerci essere a tutti i costi. Belluno dopo Verona e prima di Padova. Ma perché? Per tentare un’impresa più ardua della missione in Russia: fare rientrare il disincanto del Veneto, culla del Carroccio che a Salvini sta girando le spalle. Visto l’eurodeputato eretico Gianantonio Da Re, defilato: “È un momento molto complicato”. Lui e Fulvio Pettenà, altro veterano, sono sotto provvedimento disciplinare per avere contestato il capo (“commette errori madornali, è lontano dalla realtà, vada a lavorare”, ha attaccato Pettenà). Posizioni che dal nord-est s’allargano ad altre latitudini.
L’insofferenza nella Lega nei confronti di Salvini è altissima. A tal punto che ci sarebbe – secondo fonti interne al partito – anche una “dead line”: una soglia, alle prossime politiche, che sancirebbe il siluramento del leader. Se la Lega andasse sotto il 15% per il leader della Lega sarebbe la fine. Al suo posto l’ala governista spinge Massimiliano Fedriga, che da settimane è sparito. E’ lui il convitato di pietra a Belluno. Oltre alle gaffe di Matteo c’è anche un tema di stile. Gli stessi governisti di rito giorgettiano ricordano, a proposito, i consigli del vecchio Bossi, che ai suoi parlamentari chiedeva di non lasciarsi “contagiare” da Roma. La Roma dal ventre molle, della mondanità. Per dire: se i ministri Giorgetti e Garavaglia vivono in appartamenti “sobri” e conducono vite da understatement, nel Carroccio anche le serate vivaci di Salvini sarebbero ritenute un corto circuito rispetto alla Lega delle origini.
Il detonatore delle tensioni è, ovviamente, il caso Capuano. Ultima spina nel fianco. Qui si torna. A un certo punto, infastidito dal brusio di alcuni militanti, Zaia chiosa: “Scusate, stiamo facendo una cosa seria qui”. Pare un invito al rigore, ad evitare smargiassate. Chissà se è rivolto, di sponda, proprio al leader. Prima del brindisi con le bollicine si può fare una tara anche sui contenuti. Zaia picchia sull’autonomia del Veneto, Salvini dice che bisogna “restituire ai giovani l’opportunità di fare un anno di servizio militare”. Un minuto prima aveva detto che è contro le armi e che adesso “dobbiamo lavorare tutti per la pace”.