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PALERMO – “Nessuno qui ha voglia di mettere in crisi il governo Draghi, guai a confondere le nostre legittime richieste con le posizioni strumentali di altre forze che sostengono il governo. Sia chiaro: noi siamo contro il riarmo, vogliamo una svolta verso un vero negoziato di pace, ma non facciamo il gioco di Matteo Salvini, noi non siamo la Lega”. Giuseppe Conte è seduto al tavolo del ristorante multietnico “Moltivolti”, nel cuore dell’Albergheria di Palermo. Il mercato di Ballarò è lì fuori, il leader del M5S – camicia bianca, maniche risvoltate, accaldatissimo – è reduce da un bagno di folla che lo ha accompagnato per tutti i quartieri più popolari. Lo ringraziano, lo fermano, lo chiamano “papà”, protettore del reddito di cittadinanza con il quale in centomila qui vivono. La campagna elettorale in sostegno del candidato “giallorosso” Franco Miceli resta ai margini per il tempo di un pranzo.
“Col voto del 21 non cadrà il governo, non almeno per mano del Movimento”, racconta l’ex presidente del Consiglio al fianco del sottosegretario Giancarlo Cancelleri e dei grillini di Sicilia, il piatto di anelletti al forno sul piatto. “La battaglia contro il riarmo che stiamo portando avanti è nel dna dei 5 Stelle. Se volessimo far cadere l’esecutivo o metterlo in difficoltà presenteremmo un atto parlamentare, una risoluzione con l’obiettivo di cercare consensi paralleli. Ma io non lavoro per una maggioranza nuova o diversa, spero invece che la nostra posizione possa diventare quella dell’intera maggioranza che sostiene il governo. L’Italia deve guidare il processo di pace, deve intestarsi questa battaglia”. Il piano avanzato anche a Mosca nelle scorse settimane non è sufficiente?
Conte a Palermo in un bagno di selfie. Sfila nelle borgate il “patrono dei sussidi”
di
Emanuele Lauria
“Un contributo che va nella giusta direzione, bisogna continuare a lavorare senza risparmio. E un appunto lo muovo – prosegue Conte nel suo ragionamento – vorremmo che l’Italia fosse protagonista in Europa nel perseguire una soluzione diplomatica per uscire da questo dannato conflitto”. Non una mano tesa allo “zar”, marca subito le distanze il capo del Movimento. “È una sciocchezza sostenere che abbiamo posizioni filo-Putin, abbiamo sempre condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina, siamo altrettanto convinti che la via d’uscita non possa essere il riarmo, l’ulteriore aumento delle dotazioni destinate alle forze di resistenza di Kiev, ne usciamo solo con la sigla di un accordo di pace”. Perseguire al contrario la strada degli armamenti, è la tesi dell’ex premier, equivarrebbe a fare gli interessi delle lobby delle armi “che già hanno i loro sponsor in Parlamento”. Conte chiama in causa in maniera esplicita Fratelli d’Italia. “Il partito della Meloni – sostiene mentre sorseggia un calice di bianco – non a caso si è attestato su posizioni molto belligeranti. Ha al suo interno persone legate a quel mondo”. Il riferimento neanche tanto velato è a Guido Crosetto, è così? “È una persona degnissima, legata a incarichi di rappresentanza di quegli interessi, quindi si può anche comprendere come una forza politica si orienti verso investimenti militari a tutta birra, ma l’interesse degli italiani è completamente diverso ed è quello di porre fine alla guerra”.
Nel ristorante in cui a servire sono ragazzi e ragazze arrivati in Italia da mezzo Nordafrica, è tutto un vociare. In tanti si avvicinano, mostrano la tessera del reddito di cittadinanza, chiedono una foto. Accade qui quel che a Conte non succede da nessuna parte, forse nemmeno nella sua Puglia.
“Lancio un appello alle altre forze politiche e in primo luogo al Pd – dice tra un selfie e l’altro – Il salario minimo va approvato subito. Noi ci battiamo da anni per questo. In Senato c’è la nostra proposta. Basta con le paghe da fame per i lavoratori, ora “ce lo chiede l’Europa” possiamo dirlo noi. Fino a qualche anno fa ce lo ripetevano gli altri, ma allora soffiava il vento dell’austerità. Chi da destra si accanisce contro il reddito di cittadinanza, come fa Matteo Salvini, si accanisce contro la povera gente, i bambini, i pensionati, gli inabili al lavoro. Altro che devolvere le risorse alle imprese, non si sono accorti che per gli imprenditori del Mezzogiorno abbiamo introdotto sotto il governo Conte la decontribuzione al 30 per cento. Non cerchino alibi, ora serve il salario minimo per tutti”.
Palermo e il dopo Orlando, Dell’Utri esulta già: “Vincerà il mio candidato”
di
Emanuele Lauria
Il candidato sindaco Franco Miceli attende a pochi metri. Col Pd c’è un asse destinato a consolidarsi con le primarie per la scelta del candidato governatore, si terranno a luglio. I dem vogliono i gazebo, i 5 stelle spingono per la svolta digitale al voto.
“La Sicilia sarà un esperimento nuovo, dobbiamo trovare un compromesso sulle regole – conclude il leader – consapevoli che solo insieme si può sconfiggere questa destra”.