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ROMA – L’allarme scatta poco dopo le 15, quando l’ambasciata invia la nota ufficiale alle agenzie di stampa. E arriva fino al cuore del governo, nella carne viva della maggioranza. Tutto ruota attorno a una domanda: perché i russi si espongono fino al punto di comunicare pubblicamente di aver acquistato i biglietti (poi rimborsati dal leghista) per il viaggio di Matteo Salvini a Mosca? E soprattutto: perché lo fanno? Vogliono mettere in difficoltà il leader del Carroccio, oppure indebolire la compattezza dell’esecutivo?
Salvini a Mosca, l’ambasciata russa in Italia: “Il viaggio l’abbiamo pagato noi”. Poi la retromarcia
È un gioco di specchi, oltreché di sospetti. Da settimane numerosi segnali indicano un’evoluzione nel rapporto politico tra Salvini e la Russia. Tutto nasce dalla due missioni a Mosca programmate e poi congelate dal leader: quella degli inizi di maggio e quella della fine del mese. Se realizzate, avrebbero determinato un clamoroso spostamento del principale partito di centrodestra — architrave del governo Draghi — su posizioni assai meno atlantiste. Un potenziale, clamoroso assist per la Russia nel braccio di ferro in corso con l’Europa. Che si è trasformato, però, in un clamoroso autogol. Non è un caso, allora, che tutto cambi appena annullato il secondo viaggio. L’Italia subisce un’escalation di attacchi ufficiali dai russi: prima l’affondo contro la Rai e i media, poi il riferimento alla “caratura morale” dei leader, in riferimento all’operazione “Dalla Russia con amore”. Infine la vicenda Salvini. Per capire cosa è accaduto è utile provare a ricostruire questo passaggio, le pressioni che ne sono seguite, i segnali che hanno scosso il quadro politico.
Tutto ha origine da una notizia pubblicata daRepubblicalo scorso tre maggio. Si dà conto di un imminente viaggio di Salvini a Mosca. Ha fatto già richiesta per il visto. Seguono smentite sdegnate e qualche giorno di calma apparente. Tutto si ferma. Ma in realtà, si scopre ora, quel progetto era assolutamente in piedi. Talmente in piedi che il 28 maggio ci riprovano. E questa volta il leghista si ritrova a un passo dalla scaletta del volo. Una nuova rivelazione di Repubblica blocca tutto. La bufera politica è immediata. Ed è a questo punto — dopo il secondo dietrofront a 24 ore dalla partenza — che qualcosa si inceppa nei rapporti tra Mosca e Salvini.
Nelle tre settimane successive, si moltiplicano le pressioni politiche sul segretario della Lega. E contemporaneamente si assiste a un’escalation contro l’Italia, culminata ieri in un nuovo affondo contro le democrazie liberali da parte della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: prima attacca la Stampa, poi paragona gli standard della giustizia italiana a quelli del fascismo. Ma andiamo con ordine. Il primo giugno il Domani pubblica la notizia che dopo l’inizio della guerra Salvini si sarebbe recato almeno una volta presso l’ambasciata russa a Roma, ricevuto dall’ambasciatore Razov. Di più: gli incontri sono quattro. E da chi arriva la conferma? Dalla portavoce dell’ambasciata, Valentina Sokolova.
Per giorni, si moltiplicano le prese di posizione della galassia diplomatica e politica russa per una svolta di Salvini. Entra in scena l’avvocato Capuano. La pressione per realizzare la missione è forte, come fortissimo sarebbe l’impatto di un viaggio del genere, il primo di un leader politico occidentale senza incarichi di governo dopo la guerra e dopo Bucha. Una volta comprati i biglietti e organizzati gli incontri, gli interlocutori si aspettano che Salvini non ceda alle pressioni per cancellare la missione. Ma l’attesa non è ripagata, perché il leghista in Russia non va. Ed è a quel punto che trapela un’altra informazione potenzialmente clamorosa: il viaggio sarebbe stato pagato dall’ambasciata, il dossier gestito da un diplomatico russo, agente dell’intelligence e figlio del numero uno del Gru, il servizio militare russo, uno degli uomini più vicini a Vladimir Putin.
Ed è proprio questo passaggio, assieme alla circostanza della comunicazione ufficiale dei diplomatici, ad aver fatto scattare l’allarme nel governo. A differenza degli ultimi mesi, non ci si interroga più tanto sul livello di intesa politica tra Mosca e il leader, ma sulle ragioni per cui è stata proprio l’ambasciata russa a esporsi. In altri termini: quanto è forte la pressione politica di Mosca su Salvini, per spingerlo con il viaggio — e con le successive prese di posizione — a modificare la linea fortemente atlantica di Draghi? E quanto forte è la richiesta di spezzare la compattezza del governo e indebolire il fronte europeo?
In fondo, quello di Salvini è solo il caso più clamoroso del gioco geopolitico che si combatte sulla pelle dell’esecutivo di unità nazionale. Fonti azzurre riferiscono di un pressing discreto ma costante di Gianni Letta, dopo contatti con la diplomazia americana a Roma, per chiedere a Silvio Berlusconi di esporsi a favore delle ragioni atlantiche, rettificando alcune sortite a favore di Putin. Infine Giuseppe Conte. Il 5S si sta muovendo per tranquillizzare Washington, dopo la battaglia contro l’invio di armi all’Ucraina. E starebbe lavorando per ottenere udienza all’ambasciata Usa a Roma. Forse a ridosso delle celebrazioni del 4 luglio.