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L’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) per il ‘trattamento inumano e degradente’ di una donna, Silvia De Giorgi, residente nel padovano, perché le autorità non hanno agito per proteggerla dall’ex marito violento. Tra il 2015 e il 2019 ha denunciato 7 volte il marito, da cui era separata dal 2013, per averla minacciata di morte, colpita con un casco, averle messo telecamere in casa, perseguitata, seguita e molestata, per non aver pagato gli alimenti e aver maltrattato i tre figli. I giudici di Strasburgo chiamano in causa l’inazione dei magistrati stabilendo che l’Italia deve versarle 10 mila euro per danni morali.
Ignorate le relazioni di carabinieri e dei sanitari sulle violenze subite dalla donna
Nonostante i rapporti dei Carabinieri e dell’ospedale, e anche dei servizi sociali contengano le prove di quanto la donna afferma, segnalano i giudici di Strasburgo nella loro sentenza, i magistrati incaricati di valutare il caso non hanno preso alcuna iniziativa per rispondere alle denunce della donna, e la loro inazione, afferma la Corte di Strasburgo, ha creato “una situazione di impunità” per l’ex marito, che deve essere ancora processato per un atto violento commesso il 20 novembre del 2015, mentre restano in sospeso le inchieste sulle denunce che risalgono al 2016.
“C’è bisogno di una riflessione seria sulla violenza maschile”
“Siamo pienamente soddisfatti per la sentenza della Corte europea dei diritti umani in cui sono state riconosciute tutte le violazioni che avevano denunciato”. Lo afferma l’avvocato Marcello Stellin che ha rappresentato Silvia De Giorgi alla Corte di Strasburgo. “La condanna dell’Italia per non aver saputo proteggere una donna dall’ex marito violento, denunciato ben 7 volte, dovrebbe chiamare tutte e tutti a una seria riflessione sulla violenza maschile contro le donne. Assistiamo, non da oggi, a una vera e propria strage di donne, troppo spesso morti annunciate, precedute da gravi maltrattamenti, femminicidi che si potevano prevenire. Va bene lavorare a nuove norme, come faremo con il progetto di legge di iniziativa del governo, in particolare delle ministre, che rafforza la tutela delle donne che subiscono violenza. Ma rimane grande la necessità di cambiare la cultura del paese, in particolare quella di chi deve applicare quelle norme”. A dichiararlo è Cecilia d’Elia, deputata del pd e portavoce nazionale della conferenza delle donne democratiche.
I magistrati devono essere sensibilizzati e formati sul tema della violenza in famiglia
“Ancora una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che condanna l’Italia per il ‘trattamento inumano e degradanti” di una donna. Ancora una volta i magistrati si dimostrano inadeguati nell’affrontare le situazioni di violenza domestica”. A dirlo è Antonella Veltri, Presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “Dopo la sentenza del 7 aprile Landi contro Italia e il caso Talpis contro Italia, nuovamente lo Stato italiano – aggiunge – è condannato per l’inazione dei magistrati che – nonostante i rapporti dei Carabinieri, dell’ospedale e dei servizi sociali – non hanno preso alcun provvedimento nei confronti dell’ex marito, creando così una situazione di impunità”. Secondo Veltri si tratta di una “sentenza esemplare che, purtroppo, conferma la nostra posizione. Non è più possibile far giudicare situazioni di violenza maschile alle donne a chi neanche la riconosce. Lo ripetiamo da troppo che la via da percorrere – conclude – è la formazione dei magistrati. Non possiamo più aspettare”.