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Catania — Lunedì, poco dopo l’ora di pranzo, la piccola Elena Del Pozzo è entrata in auto con il suo solito sorriso. Mamma Martina le aveva detto probabilmente che sarebbero andate a fare un gioco, nel campo poco distante. È l’ultima ipotesi degli investigatori. Invece, in quel campo, Elena è stata uccisa. Martina Patti ha chiuso la bambina in un sacco e ha iniziato a infierire con un coltello.
È straziante l’esito dell’autopsia effettuata dal medico legale Giuseppe Ragazzi. Già dai primi accertamenti effettuati lunedì, erano emersi sette colpi: al collo, all’orecchio, alla spalla. Una scena raccapricciante. Ieri mattina, davanti alla gip Daniela Monaco Crea, la donna è tornata ad ammettere di avere ucciso la figlia nel campo, ma il suo racconto continua ad essere pieno di non ricordo.
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di
Alessandro Puglia
«Ho l’immagine del coltello — sussurra — ma non ricordo assolutamente dove l’ho preso». E ancora: «Non ricordo di avere sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io». Un altro passaggio dell’interrogatorio, che ripercorre le parole della prima confessione, dopo il ritrovamento del cadavere: «Non ricordo di avere deciso di andare nel campo prima di uscire. Non ricordo cosa sia passato nella mia mente quando ho colpito mia figlia, anzi posso dire che non mi è passato nessun pensiero, era come se in quel momento fossi stata una persona diversa». “Non ricordo” che martedì avevano fatto subito sorgere il sospetto di un complice, per nascondere sottoterra il cadavere della piccola, con una zappa ritrovata poco distante. Ipotesi che in queste ore perde consistenza.
Sin dal primo momento, inoltre, c’era stato anche il sospetto che il delitto fosse avvenuto in casa e non nel campo. Ma, adesso, i primi esami della sezione Investigazioni scientifiche dicono che non ci sono tracce di sangue nella 500 di Martina Patti. Né all’interno dell’abitacolo, né nel portabagagli. Segno che la bambina è entrata ancora viva in quell’auto. Immaginando un pomeriggio di giochi con la sua mamma.