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di Paola Rinaldi
Stanchezza insolita, sonnolenza continua, colorito pallido, fiato corto, palpitazioni cardiache, capelli tendenti alla caduta, difficoltà di concentrazione, mal di testa frequente e addirittura malinconia. Dietro questi sintomi potrebbe nascondersi la sideropenia, più nota come anemia da carenza di ferro, una patologia piuttosto comune dove il numero di globuli rossi non è sufficiente a trasportare abbastanza ossigeno per soddisfare i bisogni dei diversi tessuti e organi del corpo. Il risultato è uno stato di malessere generale e scarsa vitalità che non va mai sottovalutato: «Soprattutto nei soggetti più anziani, questa carenza può essere progressiva, non sempre è riconoscibile e può avere un esordio drammatico, da trattare subito in ospedale», spiega la dottoressa Sara Piazza, dietista presso il poliambulatorio GVM – Ravenna Medical Center.
Che cos’è il ferro
Il ferro è un minerale importante per la nostra salute e rappresenta un componente fondamentale dell’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno dai polmoni al resto del corpo, e della mioglobina, la proteina che rifornisce di ossigeno i muscoli, ma non solo. «La sua carenza può essere dovuta a una dieta inadeguata oppure a particolari condizioni che ne ostacolano l’assorbimento. È il caso della celiachia ad esempio, dove il danneggiamento dei villi intestinali determina il malassorbimento di uno o più nutrienti, oppure di condizioni infiammatorie come la malattia di Crohn». Ma la carenza di ferro può essere anche spia di malattie croniche importanti, come broncopneumopatia cronica ostruttiva, diabete, insufficienza renale o scompenso cardiaco.
Quando il ferro non viene assorbito a causa di un’infiammazione silente
In alcuni casi, nell’organismo è presente un’infiammazione sub-clinica, cioè silente e priva di sintomi, che attiva il sistema immunitario e stimola la produzione di un ormone, l’epcidina, che interferisce sia con l’assorbimento intestinale del ferro sia con la sua mobilizzazione dai depositi presenti nel corpo. Tutto questo si ripercuote negativamente sull’attività dei mitocondri, corpuscoli presenti all’interno delle cellule che ne rappresentano le centrali energetiche, deputate a estrarre energia dai nutrienti e poi a convertirla in una forma utilizzabile a livello cellulare: soprattutto nel cuore, i mitocondri diventano particolarmente disfunzionanti e creano scompenso cardiaco. Ma ovviamente il problema può riguardare anche altri organi, come reni, polmoni o cervello, visto che i questi piccoli organi si trovano in tutte le cellule del corpo.
Come fare per monitorare il ferro
Per tenere sotto controllo il ferro ed evitare brutte sorprese, gli esami del sangue utili sono l’emocromo (che rivela i livelli di emoglobina), la sideremia (ferro circolante nel sangue) e la ferritina (indice delle scorte). Si tratta di analisi da ripetere mediamente ogni sei mesi o una volta all’anno, a seconda delle indicazioni fornite dal medico di base. Come capire se si tratta di semplice anemia o di un’infiammazione cronica? Nel secondo caso, i valori dell’emoglobina risultano normali, mentre la sideremia appare bassa e la ferritina alta. «Di fronte a un sospetto diagnostico, il medico può prescrivere anche ulteriori indagini, come gastroscopia o colonscopia per escludere lesioni, ulcere o sanguinamenti».
L’alimentazione ha un ruolo essenziale contro l’anemia
Ciò che si porta a tavola è importante, a patto di introdurre gli alimenti giusti. Se la carne rossa viene considerata la principale fonte di ferro, in realtà anche quella bianca (di pollo e tacchino ad esempio) ne contiene elevate quantità, pressoché sovrapponibili.
La differenza di colore della carne, infatti è legata solamente a una maggiore o minore presenza di mioglobina, una proteina di colore rosso tipica dei muscoli, ma non ha nulla a che fare con il ferro. Basti pensare che 100 grammi di pollo ne contengono 0,6 milligrammi e la fesa di tacchino 1,5 mg, quantità assolutamente comparabili con quelle delle più diffuse carni rosse, come la costata di bovino adulto (1,3 mg) o la lombata (1,4 mg).
Per garantirci le giuste scorte, dunque, possiamo consumare la carne tre o quattro volte alla settimana, senza dimenticare le uova e ovviamente le fonti di ferro vegetale (come semi di sesamo, germe di grano, alga spirulina, legumi, frutta secca, cereali integrali, rucola, spinaci, cavoli, broccoli e patate), sempre da cucinare con metodi poco aggressivi, a basse temperature, magari al vapore e senza troppi condimenti. «È importante seguire una dieta varia, equilibrata e non troppo restrittiva. Chi decide di seguire un’alimentazione vegetariana o vegana deve chiedere un consulto medico per evitare carenze importanti, bilanciando bene le possibili fonti e magari introducendo anche cereali fortificati, dove il ferro viene aggiunto durante la lavorazione», raccomanda la dottoressa Piazza.
Come aumentare l’assunzione di ferro
Il ferro alimentare può essere assunto nella sua forma eme, presente nei cibi di origine animale e facilmente assimilabile dall’intestino, oppure nella forma non-eme degli alimenti vegetali, meno biodisponibile. In entrambi i casi, per aumentarne l’assorbimento, il trucco sta nell’associare all’interno dello stesso pasto una fonte di vitamina C, come il succo di limone per condire le insalate, un contorno di peperoni per accompagnare le bistecche, una spolverata di prezzemolo per insaporire i legumi.
Anche l’utilizzo di spezie ed erbe aromatiche può essere utile, perché questi ingredienti stimolano le secrezioni dello stomaco e aiutano a mantenere elevata l’acidità gastrica, un altro fattore che consente un migliore assorbimento del ferro. «Attenzione anche a non abusare dei prodotti integrali», avverte l’esperta. «Se è indubbio il loro valore nutrizionale, questi cibi contengono molti fitati, sostanze presenti nella crusca dei cereali che possono sottrarre calcio e ferro all’organismo. La via di mezzo è sempre la scelta migliore».
Nemici in agguato
Un altro consiglio è non introdurre nello stesso pasto alimenti che contengono elevate quantità di calcio, fosforo e ferro, perché questi ioni entrano facilmente in competizione per l’assorbimento intestinale. Ecco perché si sconsiglia l’abbinamento di carne e formaggi (o altri latticini).
«Altri “nemici” sono alcuni farmaci, come gli inibitori di pompa protonica, che nell’uso prolungato o cronico possono squilibrare il pH dello stomaco e interferire con l’assorbimento di molti nutrienti».
No alle dosi eccessive di ferro
Fino all’adolescenza, la dose giornaliera raccomandata di ferro è 10 mg, che rimane pressoché stabile nell’uomo adulto, mentre per le donne varia in base alla fascia di età: in particolare, sale a 18 mg al giorno durante il periodo fertile e a 27 mg durante la gravidanza, mentre con la menopausa il fabbisogno torna a 10 mg.
«Trattandosi di un metallo, il ferro non va neppure assunto in dosi eccessive per evitare che si accumuli nei tessuti dell’organismo, danneggiando alcuni organi oppure scatenando problemi di stomaco, costipazione, nausea, vomito o dolori addominali», raccomanda la dottoressa Piazza.
Esiste addirittura una condizione medica, l’emocromatosi, che porta all’accumulo di quantità di ferro tossiche per l’organismo fino a sfociare in cirrosi, cancro al fegato e malattie cardiovascolari: si tratta di una malattia rara e con base ereditaria, determinata da un difetto nei meccanismi di regolazione del metabolismo di questo minerale, ma che comunque accende un campanello d’allarme sui giusti livelli da mantenere.
«Meglio integrare il ferro solamente su consiglio medico, sia per verificarne l’effettiva necessità sia per stabilire le dosi corrette», conclude la dottoressa Piazza. «Tra l’altro, in commercio esistono numerose formulazioni, alcune in abbinamento alla vitamina C che favoriscono l’assorbimento e limitano i possibili effetti collaterali, come bocca secca, nausea o feci scure».
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