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“Se l’obiettivo è la convivenza con il virus, non possiamo che rimuovere l’isolamento dei positivi. Credo che siamo molto vicini a questo traguardo. Penso che dobbiamo concentrarci più sui sintomatici che non sui positivi. Continuare a cercare i nuovi casi non è la strategia giusta”.
L’idea lanciata dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa si scontra però con i dati dell’attualità: più 59% dei casi nell’ultima settimana, secondo il rapporto di ieri della Fondazione Gimbe. Lo stesso collega di Costa, Pierpaolo Sileri, anche lui sottosegretario alla Salute, trova il provvedimento inopportuno oggi: “Ci arriveremo, ma è ancora prematuro. Basti pensare, ad esempio, a un positivo che va in una Rsa”.
L’esempio britannico
Il dibattito nasce dall’esempio inglese, dove l’isolamento da obbligo è diventato raccomandazione. Sull’onda di Omicron 5, però, anche in quel paese i contagi sono in crescita: da 5mila a inizio mese a circa 35mila oggi. “Non sempre la Gran Bretagna ci ha offerto modelli virtuosi”: Andrea Cossarizza, immunologo dell’università di Modena, cerca di essere diplomatico, ma è nettamente contrario al modello britannico di gestione dell’epidemia. “Anche perché più crescono i casi, più aumenta il rischio di nuove varianti”.
“Chi ha una malattia infettiva è portatore di contagio” spiega Cossarizza. “Fin dalla storia più antica le epidemie sono state combattute isolando le persone contagiose. Anche fra gli animali gli individui infetti si allontanano dal gruppo”. Lapidario anche Guido Rasi, ex direttore dell’Agenzia europea per i medicinali: “Sapendo di potere infettare qualcuno, chi di noi non farebbe qualcosa per evitarlo?”.
I contagiati che evitano il tampone
Il tema dell’isolamento nasce da una constatazione: molte persone con sintomi evitano il tampone per non restare impelagate nell’obbligo di restare a casa per un tempo indeterminato. I tassi di positività molto alti – ormai siamo oltre al 20% – indicano che i test riescono a intercettare solo una quota limitata degli infetti.
Eliminare l’obbligo di isolamento porterebbe anche i più restii a fare il tampone, consentirebbe a chi ha bisogno di andare a lavorare (o in vacanza) di non bloccarsi e ci offrirebbe un quadro più realistico della circolazione del virus in Italia. “Quante volte abbiamo sentito – racconta Cossarizza – di amici che avevano i sintomi ma ci dicevano: non son mica matto a fare il tampone”.
E’ l’argomento da cui parte Matteo Bassetti, primario di infettivologia al Policlinico San Martino di Genova: “L’isolamento dei positivi ha avuto un senso quando c’era una popolazione altamente sensibile al virus, non vaccinata né contagiata, come nel 2020 e 2021. Ma oggi tra vaccinati, guariti e protetti abbiamo raggiunto il 100% della popolazione”. Mantenendo la regola “rischiamo di creare un doppio binario: chi fa un tampone da solo a casa non comunica il risultato, mentre chi lo fa in ospedale è tenuto all’isolamento. Così è peggio. Sarebbe meglio equiparare il tutto”.
Semplificare l’isolamento, senza abolirlo
Trovare un compromesso però, secondo molti esperti, è possibile. “La soluzione svizzera mi sembra intelligente” spiega Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’università di Milano. “Chi è positivo deve restare isolato una settimana, ma poi è libero di uscire senza un ulteriore tampone. Abbiamo imparato che la contagiosità è massima a partire dal giorno precedente alla comparsa dei sintomi, si mantiene alta qualche giorno, poi cala. Chi ha esaurito la fase sintomatica della malattia potrebbe essere libero di uscire senza altri aggravi”.
D’accordo con lui è Giovanni Di Perri, primario di infettivologia all’Amedeo di Savoia di Torino: “Nei primi 3 giorni di infezione, quando la contagiosità è più alta, non è possibile uscire e stare tra gli altri. Dopo l’isolamento può essere allentato, a meno che non si sia a contatto con persone fragili. In passato dichiarare il contagio equivaleva a ricevere una dose di vaccino, ai fini del Green Pass. Ora, scomparso l’obbligo di esibire il certificato, l’interesse a dichiararsi positivi non c’è più”.
Le discussioni dei medici con i pazienti
Un allentamento delle regole sull’isolamento ridurrebbe le remore di chi teme di perdere giorni di lavoro. “Con i pazienti ne discutiamo in continuazione” racconta Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg). “Hanno sintomi riconducibili al Covid, chiedono terapie, ma rifiutano di fare il tampone per non essere costretti all’isolamento. Direi che questo atteggiamento riguarda un paziente su tre, fra quelli con sintomi sospetti”.
Per Scotti l’uso dei tamponi fai da te, da eseguire da soli a casa, senza l’obbligo di comunicare la positività alle autorità sanitarie, gioca un ruolo non secondario in questa ondata estiva con la variante Omicron 5.
Il boom dei test fai da te
Federfarma conferma l’impressione di Scotti: “Dopo un periodo di calo, stiamo vedendo un nuovo aumento di tamponi Covid in farmacia. Ma soprattutto notiamo un aumento molto considerevole dei test fai da te, acquistati dai cittadini ed eseguiti a domicilio” spiega il segretario nazionale di Federfarma, Roberto Tobia. Questi test “non permettono di avere una reale percezione della circolazione reale del virus in questa nuova ondata di Omicron. I tamponi fai da te non sono attendibili come quelli eseguiti da un operatore sanitario e soprattutto non permettono di registrare ufficialmente la positività”.
La comunicazione schizofrenica in piena ondata
Nino Cartabellotta. Presidente di Gimbe, trova l’idea di Costa “antiscientifica”. Così, aggiunge, “si rischia di disorientare la popolazione”. Il fatto che i due sottosegretari del Ministero della Salute abbiano idee opposte non sfugge a Stefania Salmaso, dell’Associazione italiana di epidemiologia. “Il Covid è pericoloso, anzi no. L’isolamento va tolto, anzi bisogna mantenerlo. La comunicazione rivolta ai cittadini in questa fase è schizofrenica. Forse verrà un giorno in cui potremo togliere l’obbligo di restare a casa per i positivi, ma adesso proprio no. Non è il momento di lasciar correre l’infezione liberamente. Con il numero di contagi in aumento, sono destinati ad aumentare anche casi gravi e decessi”.