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TARANTO – Il Mediterraneo è bollente. È come se avesse la febbre. Un’ondata di calore sta interessando lo Ionio, in particolare il Golfo di Taranto, e secondo gli esperti continuerà a diffondersi al mar Adriatico. Lo dicono i dati forniti dal Copernicus marine service relativi alle recenti osservazioni satellitari della temperatura superficiale del mare, frutto di una ricerca del Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc).
Per il Golfo di Taranto, le rilevazioni indicano quasi cinque gradi in più sopra la media. Una situazione simile si presenta nel mar Ligure. Sono gli effetti, preoccupanti, dei cambiamenti climatici e nello specifico dei due anticicloni che hanno portato aria calda sul Mediterraneo. L’ondata di calore marino si verifica quando le temperature oceaniche superano una soglia estrema per più di cinque giorni consecutivi, spiegano gli esperti.
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Questa ondata è iniziata ai primi di maggio 2022 ed è proseguita nell’ultimo mese, condizionata dalla situazione meteorologica: determinante è stata l’azione dei due anticicloni che hanno spinto aria bollente dall’Africa subtropicale fino al mar Mediterraneo. Come in una caldaia, le acque hanno iniziato a surriscaldarsi. Il Copernicus marine service ha spiegato, attraverso le rilevazioni, l’effetto intenso che quest’aria calda ha avuto sul mare, facendo aumentare le temperature: un allarme per l’ecosistema marino e per le attività legate al mare, della pesca e della mitilicoltura.
Nei prossimi giorni l’ondata di calore marino – secondo le previsioni – coprirà ancora la maggior parte del bacino occidentale, ma continuerà a diffondersi nel mar Adriatico e nel mar Ionio. Il mar Ligure è stato caratterizzato da temperature alte per tre settimane, prima che tornassero giù e si ripresentassero a metà giugno.
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Per il Golfo di Taranto, l’ondata di calore è arrivata più tardi ma con maggiore intensità, raggiungendo quasi i cinque gradi sopra la media. Per gli esperti, “il monitoraggio e la previsione delle ondate di calore marino diventeranno fondamentali per valutare ed evitare danni agli ecosistemi e ad attività economiche cruciali come la pesca e l’acquacoltura”.
A Taranto, per esempio, il comparto della mitilicoltura ha da tempo lanciato l’allarme attraverso le voci delle associazioni di categoria. Gli allevamenti di cozze sono situati nel secondo seno del mar Piccolo e nel mar Grande (non è possibile la coltivazione nel primo seno del mar Piccolo); ma se il mar Piccolo, per la sua fisionomia geografica, ha una naturale azione di termoregolazione delle acque (sono presenti delle sorgenti sottomarine), nel mar Grande la situazione potrebbe essere diversa.
Il Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici gestisce il Mediterranean forecasting system, che produce previsioni per i prossimi 10 giorni e una ricostruzione del passato recente, entrambe disponibili sul Copernicus marine service. Negli ultimi due mesi, l’analisi è riuscita a catturare con precisione l’insorgenza, la persistenza e il decadimento delle attuali condizioni estreme della temperatura superficiale.
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La “previsione realizzata per la fine di giugno prevede che l’ondata di calore persisterà debolmente nel mar Ligure ma continuerà a intensificarsi nel Golfo di Taranto”. Le condizioni attuali sono simili a quelle che si sono verificate nel maggio del 2003, 19 anni fa. A luglio e agosto, “sono seguiti gli eventi più gravi, duraturi ed ecologicamente devastanti mai registrati”.
Da allora, il numero, la durata e l’intensità delle mareggiate hanno continuato ad aumentare in tutto il Mediterraneo. Al Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, il lavoro in corso nell’ambito della ricerca “Feversea Esa research fellowship (a cura di Giulia Bonino) e del progetto EuroSea (a cura di Ronan McAdam) continuerà “a far progredire la ricerca nella comprensione e nella previsione delle ondate di calore marino, in questa regione vitale per l’attività economica e la biodiversità”.