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Un ragazzo di 21 anni con problemi psichiatrici che cade nel vuoto al Maggiore. Un caso che all’inizio viene chiuso come suicidio. E una famiglia che denuncia. “Se lo avessi tenuto in casa, legato, sarebbe ancora vivo. Non meritava questa fine”, accusa Davide Riberti, 57 anni. Il padre di Leonardo. Che punta il dito contro gli ospedali di Bologna e Ferrara.
Leonardo faceva l’aiuto cuoco. Amava il rugby, la montagna, il mare, le corse in bici. Dal lockdown qualcosa è cambiato. “Era stato ricoverato in psichiatria diverse volte. Assumeva cannabis e quando lo faceva aveva episodi psicotici forti”, racconta il padre. Sabato 18 luglio, a Ferrara, il ragazzo si sente male, forse per l’uso di altre sostanze. Il papà lo porta all’ospedale di Cona. Viene curato in psichiatria. Ma lunedì mattina, in reparto, ingerisce la pedina di un gioco da tavolo. La sera viene trasferito al Maggiore per rimuoverla. Secondo piano, reparto di otorinolaringoiatria. “A mezzanotte il medico mi dice che è andata bene, che mio figlio dorme per l’anestesia generale”.
Però martedì 21 giugno, poco prima delle 8, Riberti riceve una telefonata: “È successa una disgrazia”. Corre in ospedale, parla con i responsabili dell’Ausl. Un racconto drammatico. “Mi dicono che mio figlio alle due di notte cerca di scappare ma viene recuperato e riportato in camera”. Dopo un paio d’ore, “Leonardo si rialza, esce da una finestra della sala d’aspetto aperta a vasistas, salta tre metri sul terrazzo del piano di sotto e da lì si sarebbe buttato e suicidato”. Il corpo precipita sul piazzale delle ambulanze. Il decesso viene dichiarato attorno alle 5.
Il caso non è chiuso. Davide, avvocato, e il suo legale Fabio Anselmo, pensano che ci siano elementi per indagare per omicidio colposo e abbandono d’incapace. La testa del papà scoppia di domande, racchiuse in una denuncia fatta in questura: “Chiedo che siano accertate le negligenze. Chiedo perché Leonardo è andato al Maggiore (da Cona, ndr) senza che ci fosse con lui personale specializzato. Voglio sapere se i medici avevano avuto la sua cartella clinica: era un paziente a rischio, altre volte aveva tentato di fuggire. In ospedale un medico mi ha abbracciato piangendo e mi ha detto: ‘Non mi avevano informato che aveva questi problemi’. Perché non è stato sorvegliato dopo il primo tentativo di fuga? Perché non è stata chiesta la visita di un esperto, non è stato piantonato o legato? E ancora: la finestra per me non era bloccata a metà ma aperta: mio figlio non poteva passare da una fessura di venti centimetri. E come si può chiamare un padre solo alle 8 del mattino?”.
Secondo il genitore, Leonardo è saltato del terrazzo per raggiungere le scale antincendio e fuggire. Ma è finita in tragedia. L’Ausl ha avviato un’inchiesta interna. “In merito al suicidio del 21enne, la direzione esprime le più sentite condoglianze ai famigliari, avendo già avviato i doverosi accertamenti messi in campo per gli eventi sentinella”, si legge in una nota. Agli atti ci sono anche video delle telecamere di sorveglianza che inquadrano il ragazzo.
“Come si può dire che si è suicidato?”, continua il padre. “Sabato mattina ho consegnato mio figlio a un reparto di psichiatria. Doveva essere curato, protetto. È morto. Leonardo era diplomato, non aveva mai commesso reati, mai tentato il suicidio. Sarebbe dovuto andare in una clinica, aveva deciso di curarsi perché stava male. Sono state omesse responsabilità gravissime”.
Due tesi a confronto: il suicidio o un tentativo di fuga finito in tragedia. Un punto in comune: un giovane paziente con problemi psichiatrici che muore precipitando da un ospedale.