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Se vogliamo utilizzare il concetto di “campo largo”, coniato da Enrico Letta, per definire la convergenza di elettori ed elettorati in coalizioni larghe, anche oltre i confini tradizionali, possiamo dire che in queste elezioni amministrative si è verificato un sostanziale equilibrio. Almeno nei (142) Comuni maggiori con più di 15mila abitanti, dove si è votato. Certo il Centro-Sinistra, insieme al M5S, ha prevalso in 51 Comuni, mentre il Centro-Destra si è fermato a 48. Come quelli che amministrava prima delle elezioni. Tuttavia, il bilancio appare equilibrato, rispetto al quadro precedente. L’unica forza politica in “discesa” si conferma il M5S. Che, da solo, non appare più competitivo. Anzi, non lo è mai stato, nelle elezioni amministrative. Mentre riesce ad affermarsi, quando si allea con il Pd.
Damiano Tommasi sindaco di Verona, il miracolo dell’outsider: “È una nuova pagina”
dal nostro inviato
Concetto Vecchio
I rapporti fra le parti politiche appaiono più chiari se consideriamo i Comuni capoluogo. In questo caso, il ri-equilibrio diventa evidente. Oggi, infatti, il colore prevalente delle amministrazioni risulta ancora di Centro-Destra. Ma non di molto: 13 a 10. Mentre in precedenza la differenza era molto superiore: 17 a 5. Dunque: nettissima. Il Centro-Destra ha perduto città importanti. Verona, anzitutto, dove il sindaco uscente, Federico Sboarina, è stato superato e battuto da Damiano Tommasi. Abituato a competizioni di segno diverso. Nel mondo del calcio, dove è stato presidente dell’associazione dei calciatori. Ma il Centro-Destra è stato “battuto” anche altrove. A Lodi, Alessandria, Piacenza e Catanzaro, per esempio. Il Centro-Sinistra, invece, ha perduto il governo di Lucca e, soprattutto, Palermo.
L’impressione è che l’astensione, in occasione dei ballottaggi, abbia penalizzato soprattutto il Centro-Destra. Che, nel primo turno, aveva ottenuto risultati migliori. In questa occasione, peraltro, le logiche politiche “nazionali” sembra che abbiano contato in misura analoga rispetto a quelle “locali”. Mentre, tradizionalmente, la figura del candidato prevale su ogni altro motivo, su ogni altra valutazione, nell’orientare le scelte degli elettori. Una tendenza che, nel passato (ormai non più) recente, aveva condizionato gli stessi partiti nazionali. Che si sono “personalizzati”, come avviene nel territorio. Dove si vota per il “sindaco”. Per leader che hanno un nome e un volto, noti e (ri)conosciuti, presso i cittadini. Lo stesso approccio che caratterizza il rapporto con i partiti nazionali. E, oggi, anche il governo. D’altra parte, la personalizzazione dei partiti è stata avviata negli anni Novanta, non solo da Berlusconi. Ma dagli stessi sindaci. Appunto. I “partiti dei sindaci” hanno, infatti, orientato la scena nazionale. E figure come Walter Veltroni e Francesco Rutelli hanno svolto ruoli importanti. Nei partiti e nei governi. Si tratta di un percorso favorito dai media e dal digitale, che hanno stretto le relazioni fra i cittadini e i leader. Fra elettori e amministratori. In primo luogo: i sindaci.
In questa occasione, però, si è rafforzata la tendenza inversa. È, infatti, divenuto evidente quanto le divisioni nazionali fra partiti e leader abbiano avuto riflessi rilevanti, sul voto nelle città. Soprattutto nel Centro-Destra. Dove la competizione e la tensione fra la Lega di Salvini e i FdI di Giorgia Meloni hanno frenato i candidati sostenuti da quest’area. A Verona, per esempio.
Mentre nel “campo largo” di Centro-Sinistra non si sono verificate conseguenze analoghe. Nonostante le divisioni profonde che hanno attraversato il M5S. Al punto da provocare una “scissione personale”. Fra Di Maio e Conte. Senza ripercussioni sul voto, per i candidati della coalizione. In parte, perché i leader locali non in-seguono le scelte dei leader nazionali. Ma, soprattutto, perché il M5S non ha un particolare radicamento sul territorio.
Sul piano geopolitico, il Centro-Destra prevale nei Comuni del Nord (e in particolare nel Nord Est), il Centro-Sinistra nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno.
Ma non possiamo trascurare il peso delle Liste Civiche. Che riflettono la personalizzazione di questo voto e sono, spesso, anzi: in gran parte, liste personali. Dei candidati. Ma riflettono, al tempo stesso, legami con partiti. È, quindi, difficile proporre una lettura chiara e definita delle elezioni amministrative su base nazionale. Perché, come abbiamo già osservato in altre occasioni, si tratta di un voto orientato da logiche “locali”. Che riguardano città di diversa dimensione. E sono ispirate da “problemi locali”. E da candidati che, spesso, oltre i confini delle singole città, non hanno un volto. Un’immagine. Un profilo e un progetto politico. Tuttavia, si tratta un voto importante anche e perché rappresenta la molteplicità dei problemi e delle identità che caratterizzano il nostro Paese. Com’era solito spiegare il Presidente Carlo Azeglio Ciampi, quando affermava che “l’Italia è un Paese di Paesi. E di città. Un Paese unito dalla sua diversità e molteplicità”.
Ebbene, quel Paese oggi non è cambiato. Ed è importante difenderne l’identità.