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Parità di genere, solo il 28% dei manager è donna. E arriva la Certificazione per le aziende più virtuose

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L’Italia è al quattordicesimo posto tra i Paesi dell’Unione europea nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’European Institute for Gender Equality (Eige). Eppure colmare il gender gap, oltre che sul piano dei diritti, avrebbe un impatto positivo anche sul Pil, valutato in percentuale tra il 9 e l’11%.

La Certificazione della parità di genere

L’Osservatorio di 4.Manager, l’associazione nata nel 2017 tra Confindustria e Federmanager, rivela però che le posizioni manageriali femminili sono ferme al 28% del totale e la quota si riduce al 19% se consideriamo le posizioni regolate da un contratto da dirigente, seppur il 31% delle imprese stia adottando strategie per appianare il divario e ottenere la Certificazione della parità di genere,  “non un bollino rosa – dice la ministra Elena Bonetti – ma uno strumento innovativo”, istituito a inizio anno e basato su opportunità di carriera, parità salariale e di mansione, politiche di gestione delle differenze di genere, tutela della maternità, che varrà lo sgravio contributivo dell’1% sui contributi fino a 50mila euro all’anno; un punteggio premiale per la concessione di aiuti di stato o finanziamenti pubblici e nella partecipazione a bandi di gara compresi quelli del Pnrr.

La Certificazione debutterà tra pochi giorni, a luglio, ha spiegato la ministra: “Investire nel lavoro femminile significa fare un investimento non solo per l’azienda, ma per tutto il paese e a questo va riconosciuto un valore per il suo impatto”. Ora, dice, “è come se avessimo una squadra di serie A e la lasciassimo in panchina. Per cambiare le cose ci vuole un processo integrato e da qui al 2026 abbiamo degli obiettivi chiave, come colmare il divario salariale, che non possiamo permetterci di mancare e per i quali va attivato un processo irreversibile di investimenti”, ha concluso.

Gender Gap e imprenditoria femminile

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio 4.Manager – e presentati durante un workshop a cui hanno partecipato politici, giuristi, esperti – le posizioni manageriali femminili (28% del totale che scende al 19% se consideriamo i contratti da dirigente) hanno visto un incremento annuo dello 0,3% nell’ultimo decennio. L’indagine condotta su un campione di 6000 imprese manifatturiere italiane indica che solo il 14% sono a conduzione femminile contro il 79% a conduzione maschile. In particolare le imprese a guida femminile operano per il 21% nel settore tessile e si concentrano per il 19% nel Sud Italia. Le imprese femminili del settore manifatturiero, inoltre, sembrano avere un ridotto grado di innovatività (12% contro 88%), ma di contro hanno una propensione alla transizione sostenibile molto elevata (66% contro il 34% di quelle maschili).

Le strategie delle imprese

L’obiettivo della strategia nazionale è raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Eige. Intanto, secondo l’Osservatorio, grazie all’introduzione della Certificazione le aziende si sono mosse: il 31% delle imprese analizzate sta adottando strategie significative per favorire la convergenza lavorativa tra uomini e donne con interventi mirati per il 15,7% a favore della genitorialità, per il 13,9% sulla formazione, per un altro 13% nella parità dei ruoli apicali e, infine, per l’8,3% a favore della parità salariale.

I benefici della parità per le aziende

Intervistate dall’Osservatorio le imprese riconoscono che i potenziali benefici derivanti dal conseguimento della Certificazione della parità di genere consistono in: reputazione aziendale (65%); clima aziendale (59%); riduzione del divario di genere nell’impresa (42%); benefici fiscali (22%); benefici nella partecipazione a gare d’appalto (11%) e benefici nell’accesso al credito/capitali (7%).

“Il gap retributivo e il miglioramento dei tempi di vita e lavoro sono le aree di intervento che richiedono maggiore urgenza nel nostro Paese – commenta Stefano Cuzzilla, Presidente 4.Manager e Federmanager -. L’attuale crisi bellica ed energetica ha acuito i divari economici e sociali emersi durante la Pandemia, escludendo ancor più le donne dal mondo del lavoro con effetti negativi su tutto il settore economico e produttivo. L’esperienza ci dimostra che le aziende con governance mista sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi. L’equilibrio di genere fa crescere il Pil”.

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