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Abbiamo tolto le mascherine troppo presto? La fine dei divieti sotto processo

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Walter Ricciardi: “Un errore togliere le misure andavano adattate alle varianti”

Walter Ricciardi è ordinario di Igiene e Medicina preventiva della Cattolica di Roma ed è consigliere del ministro alla Salute, Roberto Speranza.

Se ci fossero state ancora le misure restrittive l’ondata di Omicron 5 ci sarebbe stata?
“Ovviamente no. Ed era prevedibile, io già a marzo dicevo che ci saremmo trovati in questa situazione d’estate”.

Con Omicron 1 le restrizioni c’erano è la curva si è impennata comunque.
“Omicron 1 ha segnato una rottura. È stata la prima variante davvero elusiva. Il vaccino ha avuto difficoltà a contrastare il contagio, pur proteggendo dalle forme gravi. Le misure vanno adattate alle varianti man mano che si evolvono e non tolte”.

A ottobre cosa ci dobbiamo aspettare?
“Non andrà meglio. Ormai abbiamo capito che l’immunità non è duratura, ci si può reinfettare e se questo accade più volte, si rischia maggiormente il long Covid. Avremo altre ondate e dovremo contrastarle con il vaccino, che mantiene la malattia in forma attenuata”.

Matteo Bassetti: “Giusto uscire a volto scoperto protezioni inutili con Omicron 5”

Matteo Bassetti è ordinario di Malattie infettive di Genova e primario al San Martino.

Mascherine e altre restrizioni ci avrebbero protetti da Omicron 5?
“No, la situazione sarebbe stata identica, non sarebbe cambiato niente. Le misure andavano bene per il coronavirus dell’inizio, con un R0, cioè la capacita di infettare, di 2,5. Omicron 5 è a 20, una persona ne contagia 20. Funzionerebbe solo il lockdown del 2020, una cosa da fantascienza”.

Però le mascherine sono servite, no?
“Io contesto la filosofia dell’obbligo, che ha indebolito quelli a cui serviva. La mascherina andava data ad anziani e fragili. L’ho sempre detto. Invece l’hanno voluta per scuole, ristoranti, discoteche”.

E allora come si combatte il nuovo coronavirus?
“Costruendo protezione. L’unico modo per convivere è l’immunità passiva, da vaccini e naturale, di chi è entrato in contatto con il virus. Oggi fa meno male Omicron 5 scende meno nei polmoni ma anche perché il 98% degli italiani ha gli anticorpi”. 

Massimo Ciccozzi: “Se le avessimo mantenute ancora l’onda sarebbe stata meno pesante

Massimo Ciccozzi è epidemiologo molecolare, ordinario al Campus biomedico di Roma, esperto di evoluzione dei virus.

È stato giusto togliere l’obbligo di mascherine in molti ambienti al chiuso?
“Andavano lasciate ancora per un po’. Siamo stati a discutere se toglierle agli studenti a 15 giorni dalla fine della scuola e poi si è detto che alla maturità non servono. Lo so, sono scomode ma utili. Quanto? Non si sa ma un po’ di casi ce li avrebbero risparmiati. L’onda ci sarebbe stata ma un po’ meno pesante”.

E le altre misure?
“Il Green Pass non sarebbe servito, perché anche chi è vaccinato può trasmettere Omicron 5. Quello strumento ha fatto il suo lavoro, serviva a convincere le persone a fare le dosi”.

Dopo Omicron 5 dobbiamo aspettarci un coronavirus ancora più contagioso?
“Potrebbe anche restare in circolazione Omicron 5, che creerebbe picchi ricorrenti di epidemie, anche locali. Ma non si può dire. Potrebbe anche arrivare una variante più contagiosa oppure più brutta come gravità. L’endemia? Alcuni virus ci mettono 5 o 6 anni a raggiungerla. Quindi c’è tempo”.

Carlo La Vecchia: “Nessuno le cambia ogni giorno quindi così sono ininfluenti”

Carlo La Vecchia è ordinario alla Statale di Milano di Epidemiologia e Statistica medica.

Con misure più stringenti Omicron 5 avrebbe circolato di meno?
“Forse non tanto. Le mascherine, anche per come vengono usate da molti, non è che possano molto contro questa sottovariante. Si dovrebbe fare come in ospedale, dove si cambiano spesso, come minimo ogni giorno, ma non avviene quasi mai. Certo, sicuramente sulla circolazione incide l’aver consentito spettacoli e altre forme di aggregazione sociale massiva”.

Si aspettava questi dati a giugno?
“Che un virus respiratorio si diffonda così in estate è preoccupante. Perché comunque avere a giugno una sindrome influenzale diffusa, come quelle che si vedono a gennaio negli anni peggiori, è un problema, al di là delle conseguenze sanitarie, come i decessi, sul cui reale numero si può discutere”.

Quali sono i problemi più importanti?
“Non preoccupa l’occupazione dei letti ospedalieri, ma il fatto che tanti lavoratori della sanità siano a casa. Si riduce il personale che può prendersi cura dei malati”.

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