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Genova, da oggi il bancomat non si può rifiutare: mugugni fra i professionisti e la ribellione ostinata del bar Mangini

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Addio ai contanti, o quasi. Da oggi scatta l’obbligo di accettare i pagamenti elettronici per bar, negozi ma anche artigiani e liberi professionisti  come medici, ingegneri e avvocati.

Le nuove regole previste dal decreto Pnrr, entrate in vigore con sei mesi di anticipo, prevedono per la prima volta l’applicazione di sanzioni per chi continuerà a rifiutarsi di accettare le carte con una multa da 30 euro più il 4% del valore della transazione.

A Genova se la maggior parte di bar e negozi si erano già adeguati con pos e pagamenti tracciabili, non mancano le polemiche. Da una parte chi continuerà a non accettare carte e bancomat nonostante l’obbligo, come Giacomo Rossignotti, 60 anni, titolare dello storico bar pasticceria Mangini in piazza Corvetto. Dall’altra il malcontento dei professionisti per essere stati equiparati in tutto e per tutto ad attività commerciali ma che alla fine, con qualche mugugno, si adegueranno alle nuove disposizioni.

Per capire che aria tira al bar Mangini basta avvicinarsi alla cassa. Da qualche mese è comparso un cartello che è impossibile evitare, “Perché no all’obbligo di moneta elettronica” , dove vengono spiegate in italiano, e in inglese, le motivazioni della scelta. «La questione non è carta si o carta no –  spiega il titolare che manda avanti il locale con la sua famiglia dal 1957- Sono contro a un sistema che ha trasformato quello che era un servizio, l’utilizzo delle carte, in un obbligo senza cambiare le regole del gioco. Se la carta viene parificata al contante i costi di gestione e per le transazioni devono essere annullati. E lo stato non può affidare quest’obbligo a un unico gestore privato, trasformandolo in una specie di monopolio».

Al bar Mangini le carte non sia accettano più da almeno quattro anni. Il pos è rimasto in magazzino e Rossignotti continua a pagare 135 euro a trimestre per il teorico utilizzo dello strumento a cui si dovrebbero aggiungere l’1% di commissione per ogni transazione. «Non mi spaventa certo una multa, continuerò a portare avanti questa protesta, che non è un capriccio personale. Mi è costato anche un calo degli affari nei periodi di Pasqua e Natale quando con ordini ben più consistenti di un caffè i clienti pagano con le carte – ricorda – Ma è una battaglia che riguarda tutti, molte persone  dopo aver letto le motivazioni sono diventate solidali.  E anche altri colleghi si stanno facendo avanti per unirsi alla mobilitazione». 

E il malcontento si fa sentire anche tra ingegneri e avvocati. «E’ una decisione assurda, noi non rilasciamo uno scontrino né possiamo essere paragonati a medici alle prese con un via vai di pazienti – spiega Maurizio Michelini, presidente dell’ordine degli ingegneri di Genova- Quasi nessuno tra i colleghi utilizza il pos. Siamo già tracciabili attraverso i bonifici che è la principale  forma di pagamento per noi che lavoriamo soprattutto con enti e istituzioni» Tra i 4.600 ingegneri iscritti all’ordine circa un terzo lavorano come liberi professionisti. «Se il cliente lo chiederà dobbiamo essere pronti, ci adegueremo ». E anche gli avvocati restano scettici sul nuovo obbligo. «Ci trattano come se fossimo dei commercianti –  spiega Luigi Cocchi , presidente dell’ordine  degli avvocati di Genova che conta circa 4mila iscritti- Per noi il pos rischia di essere uno strumento improprio. Alcune associazioni dei consumatori hanno definito questa battaglia epocale, noi continuiamo a non capirla ma ci adegueremo».

Associazioni dei consumatori che anche nella regione più vecchia d’Italia vedono di buon grado il via alle carte. «E’ una misura che facilita la vita di tutti- spiega Livio Di Tullio, presidente di  Federconsumatori Genova e Liguria- Una comodità per i clienti con la tracciabilità dei pagamenti  che dovrebbe aiutare  anche commercianti e professionisti a mettere all’angolo gli abusivi». E sulla sanzione di appena 30 euro per chi non si adeguerà, «La prendiamo come una forma di incoraggiamento per mettersi in regola, non certo un modo per far cassa- conclude Di Tullio – Vogliamo essere fiduciosi».

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