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Mentre le piogge nel Nord Italia hanno “per ora scongiurato lo stop ai prelievi pur senza risolvere il gravissimo deficit idrico nel Grande Fiume“, ora l’epicentro della siccità si sposta e si estende verso il centro Italia, a cominciare dalle Marche, “dove ormai si rischia il razionamento degli approvvigionamenti idrici”. Lo segnala l’Osservatorio Anbi, l’associazione nazionale bonifiche irrigazioni miglioramenti fondiari. A soffrire maggiormente sono le zone di Ascoli Piceno e Fermo, ormai in condizione di siccità estrema per la perdurante assenza dell’80% delle piogge; i volumi d’acqua, trattenuti negli invasi, calano di 1 milione di metri cubi a settimana per riuscire a dissetare le campagne e tutti i fiumi hanno portate inferiori alle annate scorse.
In Toscana il 90% del territorio è in una condizione di siccità estrema e non si ferma la riduzione delle portate dei fiumi, Bisenzio e Ombrone quasi azzerati. “Drammatico” è lo stato della risorsa idrica nel Lazio: a Roma, dall’inizio dell’anno, è piovuto il 63% in meno, il Tevere registra livelli più bassi del “siccitosissimo” 2017, in provincia ci sono stati, in pochi giorni, 496 interventi dei Vigili del Fuoco per incendi, il lago di Nemi è di oltre un metro più basso del 2021 e Bracciano è a -32 centimetri dal livello dello scorso anno.
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E ancora: in Campania, tutti i fiumi sono in deficit rispetto allo scorso anno, mentre in Abruzzo è la zona di Chieti a soffrire maggiormente per la mancanza d’acqua. Al Sud sono le temperature particolarmente alte di aria e mare a caratterizzare il periodo: ne sono evidente conseguenza gli oltre 11 milioni di metri cubi d’acqua, prelevati in una settimana dagli invasi della Basilicata, le cui disponibilità idriche stanno segnando un deficit di circa 37 milioni di metri cubi sull’anno scorso. Resta, invece, ancora positivo il bilancio dei principali bacini pugliesi, secondo l’Anbi, nonostante un prelievo settimanale superiore ai 14 milioni di metri cubi.
Quanto al Nord, in Valle d’Aosta, piogge abbondanti hanno arricchito la portata della Dora Baltea, così come le precipitazioni sull’intero distretto hanno dato sollievo alla portata del fiume Po. Sul Piemonte tornano le piogge a “macchia di leopardo”: più abbondanti sul bacino del fiume Sesia, meno intense su quello del Tanaro. I flussi in alveo sono in leggera in crescita, ma non permettono ai fiumi della regione di uscire dallo stato di estrema crisi: Maira, Ellero, Orba e Bormida hanno portate quasi azzerate. In Lombardia continuano a calare, restando deficitarie, le portate dei fiumi Brembo ed Adda, al minimo in anni recenti; le riserve idriche segnano -62,7% rispetto alla media storica e – 66,54% sull’anno scorso. Situazione di deficit costante per i fiumi veneti con l’unica eccezione del Piave; sono al minimo le altezze idrometriche di Adige (dal 2014) e Livenza (dal 2017). Infine, nel vicino Friuli Venezia Giulia sono stati necessari rilasci dal bacino dell’Ambiesta per rimpinguare il fiume Tagliamento, mentre il razionamento irriguo è in atto in alcune zone centrali a causa delle falde troppo basse. Ed è crisi idrica profonda in Emilia Romagna, dove le portate dei fiumi continuano a scendere e l’80% della regione pare destinato ad entrare in zona rossa entro un paio di settimane (accadde già nel 1990).
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“La violenza di alcuni episodi meteo registrati al Nord – conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – è indicativa del paradossale rischio, cui la siccità sottopone il nostro territorio: rovesci copiosi ed improvvisi su terreni aridi, li trasformano in moltiplicatori del rischio alluvionale, perché incapaci di assorbire forti quantità d’acqua. L’inarrestabile cementificazione di ampie porzioni di territorio e la più volte denunciata inadeguatezza della rete idraulica dopo anni di mancati investimenti per la prevenzione idrogeologica ci rendono oggi più che mai vulnerabili”.