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Vicenza, Stefano Gheller chiede il suicidio assistito: “Amo la vita, ma non voglio dipendere da una macchina”

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VICENZA – Stefano Gheller, 49 anni di Cassola (Vicenza), affetto da distrofia muscolare, la stessa malattia di Piergiorgio Welby. Ecco un’altra richiesta ufficiale di appoggio al suicidio assistito. Dopo le Marche, il Veneto. In questi ultimi giorni Gheller ha inviato via Pec una raccomandata all’Usl 7 Pedemontana: “Alla luce della mia condizione di salute, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che reputo intollerabili, nella piena capacità di autodeterminarmi con scelte consapevoli, chiedo di procedere con il suicidio medicalmente assistito”. L’azienda sanitaria è già alle prese con l’istruttoria. E Stefano accetta di raccontare la sua vicenda umana. Fatica a parlare, dunque sceglie di rispondere alle domande scrivendo su Whatsapp.

È stata la vicenda di Federico Carboni (Mario), il marchigiano tetraplegico, a convincerla di inoltrare questa richiesta?

“È da tanto tempo che ci penso. Mi ero informato per andare in Svizzera, ma poi ho abbandonato l’idea, grazie alle persone che mi stanno vicine. Ora però il mio tempo è scaduto: ho inviato la domanda perché, in questi ultimi mesi, la mia situazione è ulteriormente peggiorata. E ho deciso di lottare con l’associazione Luca Coscioni per morire nel mio paese”.

In che senso la sua situazione è peggiorata?

“Sono in carrozzina dall’età di 15 anni, utilizzo un respiratore con mascherina H24, le braccia non riesco a utilizzarle tranne per che piccoli movimenti. Ho problemi a mangiare e bere: mi vanno di traverso il cibo e i liquidi. Devo ogni volta usare un macchinario salvavita, quando mi succede”.

Quindi dipende da un macchinario?

“Per ora sì. In futuro sarò costretto a fare una Peg (procedura che permette di somministrare cibi, liquidi e farmaci direttamente nello stomaco, ndr), ma io non voglio. La fece mio padre e mia madre stava per farla, ma se n’è andata prima”.

Dunque i suoi genitori sono morti entrambi?

“Sì, mio padre nel 2015 e mia madre, che aveva la mia stessa malattia, è deceduta nel 2020. Ho una sorella di 47 anni, anche lei con la distrofia muscolare. Vive in carrozzina ma non è attaccata a un respiratore. Non ancora”.

Secondo lei l’opinione pubblica comprende la sua situazione?

“Sì, tantissimo. Sto ricevendo tantissimi messaggi. Tutti, senza giudicare, mi appoggiano. L’altra mattina mi ha chiamato anche il vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol”.

Cosa le ha detto?

“Mi ha chiesto se sono convito della mia scelta. Gli ho risposto sì. Verrà a trovarmi in luglio. Ha saputo che ho prenotato una settimana al mare a Bibione con la mia assistente: si è offerto di pagarla lui”.

Cosa pensa che succederà dopo questa sua richiesta?

“Spero, prima di tutto, che aiuti a fare discutere e che questo porti all’approvazione di una legge. In due mesi ho inviato quattro mail ad altrettanti politici, ma nessuno mi ha risposto. Credo si debba parlare con le persone che vivono nella mia condizioni, per capire cosa si prova”.

Chi sono questi politici?

“I relatori della legge sul fine vita: Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle, Caterina Biti del Pd, Maria Rizzotti di Forza Italia e Simone Pillon della Lega”.

Cos’ha provato seguendo la storia di Mario?

“Tanta empatia, ma anche tanta rabbia perché ha dovuto aspettare molto tempo per fare ciò che è un diritto fondamentale”.

Lei ha visto anche sua madre spegnersi per la stessa malattia.

“Sì, e non voglio vivere lo stesso dramma. Molti credono che chi fa questa scelta non ami la vita, ma io la amo tantissimo, forse più di altri. È il bene che voglio a me stesso che mi porta a decidere per il suicidio assistito: vivere è una cosa, sopravvivere in modo poco dignitoso un’altra”.

Sua sorella cosa pensa della sua decisione?

“Da un lato  non vorrebbe, perché ci amiamo profondamente e viviamo l’uno per l’altra. Dall’altro, però, mi capisce. Anche lei ha visto nostra madre spegnersi, sa bene cosa ti toglie, un po’ alla volta, questa malattia”.

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