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“Contro il Covid abbiamo farmaci efficaci. Per i pazienti fragili dovremmo usarli di più”. Andrea Gori, primario di malattie infettive al Policlinico di Milano e professore all’università statale, vede un panorama migliore da quando i primi antivirali sono arrivati in Italia, all’inizio dell’anno. “L’idea di prescriverli sta cominciando a prendere piede fra i medici di medicina generale”. Delle 600 mila confezioni di pillole contro il Covid acquistate a gennaio, però, in Italia ne sono state usate in sei mesi 52.389. E la scadenza per alcune è alla fine dell’anno.
Andrea Gori
Perché così poche?
“Sono farmaci nuovi, bisogna imparare a conoscerli, ma ora negli ospedali cominciamo a vedere prescrizioni molto ben fatte da parte dei medici di famiglia”.
Di che tipo di farmaci parliamo?
“Gli antivirali bloccano la replicazione del virus. Sono tanto più efficaci quanto prima vengono assunti. Prevengono i sintomi gravi del Covid, per questo sono indicati ai pazienti anziani e fragili. Ne abbiamo di tre tipi. Quello che cerchiamo di prescrivere di più è Paxlovid, perché previene l’aggravamento del Covid nel 90% dei contagiati ed è facile da assumere. Consiste in una confezione di pillole da prendere in 5 giorni. L’ostacolo è che interagisce con molti altri farmaci, ed è normale che pazienti anziani e fragili assumano regolarmente una lunga lista di medicine. Come seconda scelta prescriviamo allora il Remdesivir, che pure è efficace, ma va somministrato in ospedale, con un’iniezione endovena per 3 giorni consecutivi. Portare in ambulatorio persone anziane, malate e pure contagiose può non essere semplice. La terza opzione allora è Molnupiravir. Sono sempre pillole da prendere a casa per 5 giorni, ma l’efficacia è del 30%”.
Alcuni medici di famiglia però negano gli antivirali e prescrivono antibiotici ai loro pazienti positivi.
“No, gli antibiotici non andrebbero prescritti per una malattia virale, e nemmeno i cortisonici nella fase iniziale. È scritto in tutte le linee guida di tutti i Paesi. Non capisco perché la pandemia abbia fatto aumentare tanto la vendita di antibiotici. Per allargare l’uso degli antivirali si è deciso di consentire la prescrizione anche alla guardia medica e ai medici di pronto soccorso. Il paziente poi li può ritirare direttamente in farmacia”.
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C’è timore di effetti collaterali?
“Non ne vediamo di importanti. Un po’ di disordine intestinale e un certo sapore metallico in bocca nei primi due giorni. In compenso la replicazione del virus si abbatte. I miglioramenti sono repentini”.
Però non abbiamo abbattuto il numero delle vittime.
“Il panorama del Covid è del tutto diverso rispetto a due anni fa. Le polmoniti, quelle che causano insufficienza respiratoria grave, ormai sono rare. Nelle prime fasi della pandemia al Policlinico avevamo 500 ricoverati per Covid, di cui la metà molto gravi. Oggi i ricoverati sono una cinquantina, ma i casi gravi sono 4. Il virus uccide indirettamente le persone molto fragili, in cui tre giorni di febbre a 39 rompono un equilibrio che non recuperi più”.
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Anche per loro gli antivirali sono utili?
“Sì, sono importantissimi. Idem la quarta dose. Ormai è talmente chiaro che mi sembra una semplice indicazione di buon senso. Nei pazienti particolarmente fragili lo specialista può prendere in considerazione anche degli anticorpi monoclonali usati per prevenire il contagio. Si chiamano Evusheld e proteggono per 6 mesi”.
Con gli antivirali sono stati osservati casi di ripresa del virus, dopo i 5 giorni di cura.
“Alcune persone hanno terminato la cura e sono tornate negative. Poi però hanno ripreso a sentirsi poco bene. Fatto il tampone, è risultato di nuovo positivo. Nulla di grave, però vuol dire che c’è qualcosa da rivedere nel dosaggio. Negli Stati Uniti c’è chi pensa di allungare la prescrizione di uno o due giorni”.