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Fratelli Bianchi, domani la sentenza sul caso Willy. Chiesto l’ergastolo. “Uccisero per puro sfogo”

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Sono trascorsi 22 mesi dal massacro di Willy e il giorno del verdetto è arrivato. Domani, 4 luglio, la Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone emetterà la sentenza nei confronti dei quattro imputati, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, tutti accusati di omicidio volontario. Al mattino sono previste delle brevi repliche delle parti e poi i giudici si ritireranno in camera di consiglio, da cui dovrebbero uscire nelle prime ore del pomeriggio.

 “Attendiamo con serenità questa sentenza così come abbiamo affrontato l’intero processo. Gli elementi raccolti su questa tragica vicenda sono a mio avviso univoci”. E’ quanto afferma l’avvocato Domenico Marzi, legale della madre e della sorella di Willy Monteiro Duarte.

I fatti

Nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020, a due passi dai locali della movida di Colleferro, dopo una lite avuta tra Bellegia e un giovane del posto, in piazza piombarono i Bianchi, che da tempo seminavano il  terrore nella zona compresa tra i Castelli Romani e le confinanti province di Latina e Frosinone. Marco, campione di MMA, tecnica mista di arti marziali, detto Maldito, e il fratello Gabriele iniziarono a tirare calci e pugni e per il 21enne Willy Monteiro Duarte, aspirante chef della vicina Paliano, non ci fu scampo. “Si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato”, hanno ripetuto più volte i pm di Velletri, sostenendo che a infierire sul giovane sarebbero stati anche Pincarelli e Belleggia. Il 21enne, fermatosi a chiedere a un amico in difficoltà se avesse bisogno d’aiuto, venne massacrato e per lui non ci fu scampo. Gli imputati, insieme ai loro amici, fuggirono nel loro paese, ad Artena, dove poco dopo vennero raggiunti dai carabinieri della compagnia di Colleferro e arrestati.

Le richieste dei pm

Ascoltati numerosi testimoni e ritenute provate le accuse, i pm Francesco Brando e Giovanni Taglialatela hanno chiesto l’ergastolo per i Bianchi e 24 anni di carcere per Pincarelli e Belleggia. I due fratelli, scrivendo anche delle lettere dal carcere, si sono difesi, sostenendo di non aver colpito loro a morte Willy e scaricando su Belleggia, mentre i coimputati hanno preso a loro volta le distanze dall’omicidio.

Le precisazioni e le repliche

Anche nelle repliche già depositate alla Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone, i pm Brando e Taglialatela hanno continuato a puntare il dito soprattutto verso i Bianchi, indicati come gli aggressori dalla maggior parte dei testimoni. I pubblici ministeri hanno sostenuto che l’aggravante dei motivi futili risulta identificata con certezza e che gli imputati avrebbero cercato “un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento”.

Riferendosi agli imputati hanno evidenziato che, “anche di fronte ad un temuto pericolo per i propri amici, peraltro non circostanziato, risulterebbe in ogni caso del tutto sproporzionata una condotta di quel tipo, realizzata in quattro contro uno, con colpi tecnici, alcuni dei quali potenzialmente letali e proseguita per quasi un minuto, nonostante la vittima, già dopo il secondo colpo, fosse a terra inerme”. Sulla discussione nella zona della movida precisano poi che era “in via di risoluzione”.

“Appare evidente – affermano – come non vi fosse alcun elemento per giustificare una condotta di quel tipo”. Per loro i Bianchi hanno “preso semplicemente spunto da tale situazione per dare sfogo al loro impulso violento, approcciandosi alla folla con il solo intento di ledere e non recedendo dal proprio proposito criminoso nonostante i tentativi, sia di Cerquozzi che di Cenciarelli (il primo amico dei Bianchi e il secondo di Willy ndr) di spiegare come non vi fosse assolutamente la necessità di adoperare violenza”. E concludono: “Il movente della condotta è da ritenersi così banale da rendere del tutto spropositata l’azione aggressiva con esiti letali ed in questi limiti contenutistici si può senz’altro osservare come un non movente”.

Non regge il paragone col caso Morganti

Le difese hanno sostenuto che quanto accaduto due anni fa a Colleferro sia molto simile al caso di Emanuele Morganti, massacrato nella notte tra il 25 e il 26 marzo 2017 in piazza Regina Margherita, ad Alatri. Una vicenda per cui sono stati condannati a 14 anni di reclusione, con la ben più leggera accusa di omicidio preterintenzionale, Michel Fortuna, di Frosinone, e i fratellastri di Alatri, Mario Castagnacci e Paolo Palmisani. Il paragone però per i pm non regge. La differenza sostanziale, specificano i pubblici ministeri nelle repliche, sta nella modalità dell’azione lesiva e nel conseguente nesso causale. “La morte di Emanuele – sottolineano i due pubblici ministri – è stata, con ragionevole certezza, la conseguenza dell’impatto del capo contro il montante dell’automobile Skoda blu parcheggiata dove si è trovato a passare Emanuele nell’ultima parte dell’azione delittuosa ricostruita, per come acclarato dall’istruttoria ed accertato in sede di esame autoptico”.

Diverso il caso di Willy, per cui “le risultanze medico-legali hanno individuato due condotte, il calcio frontale e quello al collo, di per sé idonee a determinare l’evento morte e con un esito letale diretta conseguenza delle azioni lesive e non frutto dell’impatto con oggetti o ostacoli che hanno accidentalmente impattato la vittima”.

La dignità della mamma di Willy

Tanto durante le indagini quanto nel corso del processo i genitori di Willy hanno mantenuto un grande contegno. Hanno chiesto sempre e solo vera giustizia. Non hanno mai fatto pressioni sugli inquirenti. Mamma Lucia, in particolare, ha assistito alle diverse udienze a testa bassa, senza lasciarsi sopraffare dal suo immenso dolore neppure quando venivano descritte le scene più crude di quella drammatica notte di due anni fa. “Willy non si è ucciso da solo. Qualcuno è stato”, si è limitata a commentare davanti allo scaricabarile tra gli imputati. Il giorno della giustizia anche e soprattutto per loro è arrivato.

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