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Nel paese minacciato dal ghiacciaio in bilico: “Noi restiamo qui, non abbiamo paura”

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COURMAYEUR – Convivere con il rischio è possibile. E per chi, sotto il Planpincieux ci è nato, è un fatto del tutto naturale. Come svegliarsi al mattino e prepararsi per andare a lavorare. Quei due milioni di metri cubi di ghiaccio sono lì da sempre e da sempre vegliano sulle vite degli abitanti della Val Ferret. Il ghiaccio è vivo perché muta nel tempo, avanza , ogni tanto si stacca qualche blocco. Ma pensarci come a una minaccia resta quasi impossibile.
Esiste un’ipotesi sulla carta, l’oggetto di scenari più o meno catastrofici immaginati sulla base di numeri, calcoli e studi da chi tiene giorno e notte gli occhi puntati sul ghiacciaio. Se si dovesse staccare tutto insieme arriverebbe a fondo valle, lungo quattro curve di strada con case, alberghi e ristoranti, ma questo è lo scenario più improbabile tra quelli che il sindaco di Courmayeur Roberto Rota tiene sulla sua scrivania: «Sarebbe pensabile forse solo in caso di un violentissimo terremoto», dice. Il tavolo di lavoro sulla gestione delle situazioni di rischio glaciale in Val Ferret ne ha redatti undici, ognuno prevede un grado di intervento di allarme diverso. La via intermedia ipotizza il rischio di un distacco di 400mila metri cubi di ghiaccio, una massa simile per grandezza, al Duomo di Milano, mentre l’ipotesi meno gravosa parla di distacchi piccoli di 20-30 mila metri cubi che non arriverebbero nemmeno sulla strada, scivolando per qualche centinaio di metri.
L’allarme scatta quando il ghiacciaio si muove, oggi lo fa più o meno di 40 centimetri al giorno, allerta gialla dicono gli esperti, che, lunedì sera, unita all’allerta per il maltempo, ha fatto scattare fino alla mattina successiva la chiusura della strada che sale da Courmayeur. Lo stop inizia con un semaforo, poco dopo il cartello che segna l’inizio della frazione. Si apre strada Montitta, una via secondaria a senso unico alternato che il Comune ha fatto asfaltare un anno fa per evitare l’isolamento della valle.
Qui ci sono anche le casette di servizio con la strumentazione laser che monitora un altro sorvegliato, Le Grande Jorasses. Per Planpincieaux, da nove anni, ne esiste una identica. Laser e sensori in grado di rilevare il più piccolo movimento del ghiaccio. Se succede si accendono i semafori rossi, ai residenti e a chiunque abbia scaricato l’app del Comune arriva un messaggio.
Nella bassa stagione l’allerta coinvolge una decina di residenti, ma tra luglio e agosto, quando in Val Ferret arrivano cinquemila persone al giorno è molto più complicato. È un sistema di monitoraggio che costa circa 250mila euro l’anno, un esborso sostenibile solo per situazioni in cui sono minacciate case e infrastrutture. È un equilibrio difficile, quasi impossibile, quello tra la necessità di prendere tutte le precauzioni possibili per evitare catastrofi, e l’esigenza di non paralizzare una valle che vive di turismo. Ci sono quattordici attività tra bar, alberghi e ristoranti: quando arriva l’allerta chiudono. «Già tre volte in tre settimane», spiega Marco Belfrond, titolare dell’Hotel Miravalle. Gestisce l’albergo di famiglia, 11 camere affacciate su uno spettacolo naturale.
«È difficile gestire una stagione in questa situazione». Ristoranti e alberghi chiedono ristori per le giornate di lavoro perse. Belfrond è nato qui, non teme il ghiacciaio ma non nega nemmeno l’imprevedibile. «I ghiacciai possono venire giù in montagna», dice. A Courmayeur si cerca di prevedere il più vicino

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