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Raffaele Cantone riapre l’inchiesta su Piero Amara: Palamara si mosse per lui in Cassazione

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ROMA – Pietro Amara non è affatto soltanto un millantatore o, peggio ancora, un semplice mitomane. È una persona che ha avuto rapporti ad altissimo livello con soggetti operanti nelle istituzioni del nostro Paese”. Ministri, politici, magistrati, manager di Stato. E per questo le sue dichiarazioni “vanno esaminate e approfondite”. È questo il punto di partenza dal quale bisogna partire per capire come e perché da una parte il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, abbia chiesto l’archiviazione per la Loggia Ungheria, la presunta associazione segreta immaginata nella testa dell’avvocato Amara ma mai realizzata, e dall’altra abbia ordinato ulteriori indagini su alcune delle circostanze riferite dall’avvocato siciliano.

I pm umbri hanno aperto nuovi filoni di inchiesta. Uno su tutti: quello che riguarda l’ormai ex magistrato Luca Palamara, già pm di Roma ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che Amara in qualche modo aveva agganciato. E che, secondo la ricostruzione degli inquirenti di Perugia, per lui si era anche mosso “trovando la strada — si legge nelle 167 pagine della richiesta di archiviazione del caso Loggia Ungheria — per quantomeno provare a interferire sul corso dei procedimenti penali”. Non una strada qualsiasi: Palamara si muove in Cassazione arrivando a parlare prima con un relatore, poi con lo stesso presidente della Corte, Giovanni Canzio, per informarsi su un procedimento che stava a cuore all’avvocato siciliano.

La vicenda ruota attorno alle sorti dell’ex pm di Siracusa, Maurizio Musco, grande amico di Amara (Musco gli ha affittato un campo per impianti fotovoltaici) e sotto processo disciplinare per abuso di ufficio. Sarà condannato in via definitiva e per questo allontanato dai tribunali. Amara lo voleva evitare e, attraverso l’imprenditore lobbista Fabrizio Centofanti, spinge Palamara ad avvicinare Stefano Mongini, il giudice di Cassazione che si doveva occupare del caso. “Un avvicinamento — scrive Cantone insieme con i sostituti Gemma Miliani e Mario Formisano — che grazie alla schiena dritta del magistrato non porta alcun risultato”.

Palamara però ci prova. Ed è lo stesso Mogini a raccontarlo ai magistrati di Perugia. “Il giorno prima del procedimento Musca ho incontrato Palamara al bar Splendor accanto alla Cassazione — racconta il giudice — non lo vedevo da almeno un anno”. A chiedergli l’appuntamento era stato proprio l’allora pm che lo raggiunge nel primo pomeriggio. Dopo aver parlato del più e del meno fece riferimento al procedimento di Siracusa. “Mi disse che meritava grande attenzione e che Musco era affetto da una grave malattia”. Secondo i pm, “non era un semplice saluto” ma un tentativo non riuscito di influenzare il procedimento. E la prova, scrivono nella richiesta di archiviazione dell’indagine sulla Loggia Ungheria, deriva da un altro fatto: Palamara si era informato “sull’evoluzione del processo direttamente e personalmente con il presidente della Corte di Cassazione” sostiene la procura di Perugia, citando una mail con la quale il segretario generale della Corte ha inviato a Palamara informazioni, non segrete, sull’andamento del ricorso.

Eppure Palamara sapeva perfettamente che Amara era una compagnia particolare. Da tempo l’avvocato siciliano provava a contattarlo, tanto che aveva fatto organizzare a Centofanti, imputato con Palamara sempre a Perugia, una vacanza al Sestriere nel marzo del 2015. La chiamarono “Il weekend dell’amicizia”. Arrivati a Torino, però, Amara fu costretto a tornare indietro, perché Palamara non voleva farsi vedere con lui. In questa circostanza Amara racconta un particolare non riscontrato. “Incontrai e Palamara e lui fece capire che avrebbe gradito un regalo di un orologio d’oro del valore di 30.000 euro per la sua compagna. E io gli dissi ‘se tu ti comporti male con Maurizio (ndr, Musco) io ti scanno'”. Di questa pretesa, i pm di Perugia non hanno trovato alcuna prova.

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