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ROMA – Passeggi in questi giorni in Transatlantico e sembra Atlantide. Un mondo di peones, big, ex big, sedicenti big, che avvista la scomparsa dalle scene. Aspettano la risacca che li riporterà alla vita di prima, senza politica. Il colpo, stavolta, sarà più forte, per tutti: ci sono meno seggi in palio, si passa da 945 a 600. Sguardi sgomenti tra i grillini, quelli del secondo mandato. La deroga alla regola aurea del Movimento “al 99% non ci sarà”, commentano nel quartier generale di Campo Marzio. Giuseppe Conte ci ha provato, ma Beppe Grillo non si smuove e non si smuoverà. Nemmeno per un pacchetto limitatissimo di nomi. Game over.
Anche perché la crisi e il precipitare verso le urne a settembre ha reso i tempi strettissimi: toccherebbe allestire un voto online tra gli iscritti entro una settimana. Complicatissimo. Alcuni si sono rassegnati: Alfonso Bonafede ha già cambiato l’immagine del profilo di Whatsapp. C’è il logo del suo studio legale, Bonafede & Partners. Tornerà in tribunale. Altri invece ancora ci sperano: Paola Taverna e Vito Crimi da settimane si fanno vedere quasi tutti i giorni nella sede del partito (con pausa pranzo fissa al tavolo di Santovino) e tallonano il leader. Ma siamo agli sgoccioli. “Prima o poi se ne faranno una ragione”, confessa un veterano.
Altri se la sono già fatta: da Giulia Grillo a Danilo Toninelli. Grillini doc, non vorrebbero la deroga nemmeno per loro. Altri scampitano per tornare in Parlamento o per entrarci: Virginia Raggi smania, dovrebbe avere un collegio a Ostia, periferia balneare di Roma dove anche nelle sciagurate elezioni di ottobre 2021 è andata forte. Chiara Appendino dovrebbe avere la candidatura a Torino. Mentre Alessandro Di Battista, pronosticano i contiani di ferro, “alla fine non sarà in lista”. E Conte? Si candiderà probabilmente a Roma, al Senato (collegio plurinominale).
A sinistra, per Pier Luigi Bersani sono le ultime falcate tra i corridoi di Montecitorio. L’ex ministro ed ex segretario Pd l’ha già detto: “Dai ragazzi, c’ho 70 anni! Non mi ricandido”. Al Nazareno il dossier candidature non è ancora stato aperto, ma tra le correnti, sempre in allerta sul tema, se ne parla eccome. Anche lo statuto dem in teoria pone un limite, dopo il terzo mandato “pieno”. Chi vuole il quarto giro in Parlamento può sperare in una deroga, non impossibile, ma non scontata. Al sicuro dovrebbero essere i ministri: Dario Franceschini e Andrea Orlando. Altri sono in bilico. Hanno superato quota 3 mandati in 27 (20 alla Camera, 7 al Senato). Tanti nomi conosciuti: ex ministri come Marianna Madia, Roberta Pinotti e Paola De Micheli. Poi Piero Fassino, Barbara Pollastrini e Andrea Marcucci.
A destra, l’unico partito che non avrà problemi è FdI: il 4% del 2018 sarà moltiplicato di 5 o 6 volte, stando ai sondaggi, quindi la pattuglia attuale (58 eletti) ha ottime chance di riconferma. In Forza Italia invece c’è aria di mano di bianco. I ministri governisti appena fuoriusciti – Brunetta, Gelmini, Carfagna – naturalmente non saranno ricandidati, anche se gli ultimi due nomi della lista potrebbero accasarsi altrove (Gelmini con Calenda). Altri big hanno alle spalle tante legislature e potrebbero perdere il posto. Per esempio l’ex ministra Stefania Prestigiacomo, che potrebbe ripiegare, stando alle voci di corridoio azzurre, sulle regionali in Sicilia. Adriano Galliani invece l’ha già detto: Senato addio. Ma lui un lavoro, come noto, ce l’ha. E molto più remunerativo.