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“Un Patto Repubblicano”, un’intesa programmaticamente ma anche politicamente molto definita per costruire lo schieramento che a settembre sfiderà le forze responsabili della caduta del governo Draghi, gli attori di “una scena miserabile”. Carlo Calenda ed Emma Bonino scoprono le carte del loro progetto ma dettano condizioni e pongono veti che sembrano destinati ad alimentare un confronto non facile con il Pd di Enrico Letta: “Discutiamo di cose concrete e non di nomi e alchimie. Per Azione e +Europa il candidato presidente del Consiglio non può essere Enrico Letta: forzare su questo punto chiuderebbe immediatamente la discussione”.
Emma Bonino: “Non basta sommare i voti, il Pd aderisca al patto repubblicano”
di
Giovanna Vitale
Il progetto
Calenda articola il suo progetto in 14 punti, dando voce alla speranza di riportare in sella Mario Draghi, alla guida di una squadra che Azione e +Europa si impegnano a formare “solo con persone che abbino avuto rilevanti esperienze amministrative nel pubblico e nel privato”. L’obiettivo – ha spiegato in un appuntamento alla Stampa estera a Roma, presente l’intero stato maggiore del raggruppamento – è “un’alleanza su contenuti non generici: parliamo di rigassificatori, termovalorizzatori, revisione del reddito di cittadinanza, che vuol dire anche salario minimo. Facciamo un’agenda – ha proseguito – un Patto Repubblicano aperto ai cittadini e aperto alle personalità’ politiche: chi ci vuole stare ci sta e noi siamo molto contenti”.
Gli interlocutori
Il primo interlocutore, naturalmente è il segretario del Pd. “Letta è una persona seria e siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare”, dice Calenda, mettendo però qualche puntino sulle i: “I dem sono favorevoli al rigassificatore? Hanno idea di come sopperire alla mancanza del gas russo senza questi nuovi impianti? Se sì, ci dicano come fare. All’Italia servono undici termovalorizzatori e due rigassificatori e vanno fatti, se è necessario trattando le aree come se fossero zone militari perché e’ una questione di sicurezza nazionale”.
Porte aperte anche ai transfughi di Forza Italia, ormai “entrata a pieno titolo – certifica Calenda – nell’area sovranista e populista”. Andrea Cangini era tra i presenti all’appuntamento, ma anche Mariastella Gelmini su Twitter fa sapere di esser pronta al grande salto: “Ho letto il manifesto di Azione”, dichiara l’ex ministra: “Europiesmo, atlantismo, infrastrutture, Pnrr, Industria 4.0, revisione del reddito di cittadinanza. Sono i punti dell’agenda Draghi ed è quello che serve all’Italia: io ci sono, vediamoci”. Calenda incassa e avverte di aspettarla a braccia aperte, ribattendo secco a Licia Ronzulli, che accusa la ministra per gli Affari regionali di tramare da più di tre mesi con Azione: “Cara Licia Ronzulli, questa è una beata idiozia! Per il resto buona vita come ruota di scorta di Salvini, che fa la ruota di scorta della Meloni. Mandate Tajani a spiegarlo in Europa, dove tuona regolarmente contro i sovranisti!”.
Dialogo con luci e ombre con le altre anime centriste. Il presidente della Liguria Giovanni Toti dice di condividere “per molti aspetti” il programma di Calenda, che però “non so quanti condivideranno nella coalizione di Letta: penso alla sinistra più estrema, ai signori del No e ai signori del Tar”. Mentre Clemente Mastella invita Azione a una maggior cautela: “Il centrosinistra vince se ci crede davvero e mete dentro tutti, con Pd perno di coalizione senza accettare veti: io me la gioco nei miei collegi, voglio vedere altri con Calenda: non prende un senatore, se va fuori dalla coalizione”.
I veti
I veti di Calenda potrebbero però diventare una spina soprattutto nei rapporti con il Nazareno. Azione sbarra la strada alla sinistra ambientalista e soprattutto a Di Maio: “Di Maio chi?, non so davvero di chi si parla, davvero non lo so”, ha risposto sprezzante Calenda in conferenza. “Il tema non è convincere una persona”, gli ribatte il ministro degli Esteri. “Tutti noi dobbiamo convincerci che essere uniti attorno ai programmi e a una visione del paese è un grande valore”. E per il Pd fa subito sentire la sua voce il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, respingendo la pretesa di fissare i confini della coalizione messa in cantiere dal Nazareno: “L’alternativa alla destra sovranista della Meloni è il Pd e chi non si allea con il Pd avvantaggia la destra. Sta al Pd costruire l’alleanza, che possa essere competitiva nei collegi e al tempo stesso coerente e affidabile”.