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TORINO – Fuori il termometro segna 37 gradi quando il meeting internazionale sull’ambiente prende il via, alle tre del pomeriggio, nel Campus universitario Einaudi dove si sono dati appuntamento 450 delegati di Fridays for future partiti da 45 Paesi. Ma sono molti di più, oltre un migliaio, quelli arrivati in tenda da ogni parte al Climate social camp al parco della Colletta per condividere sia le preoccupazioni che le soluzioni per «un problema che ci riguarda tutti e che va oltre il clima: riguarda la società, le risorse energetiche, la giustizia. E anche la guerra: tutto si lega, tutto è interconnesso», dice Ann, studentessa di 20 anni, arrivata con l’amica Valeria dall’Ucraina: «Viviamo in una zona tranquilla, che è stata bombardata solo una volta — dice fuori dalla tenda — Ma abbiamo portato gli scarponi e la divisa di un soldato russo che sono state recuperate tra le macerie a Bucha: un simbolo, una testimonianza».
Ci sono storie le più diverse. Dalla ragazza trentina di Extinction Rebellion, che ha seguito con apprensione il blitz che le amiche hanno fatto arrampicandosi sul Palazzo della Regione: «Sono modi diversi per raggiungere lo stesso obiettivo», alla studentessa di Firenze che ha letto del Camp su Instagram e si è proposta come volontaria: «Anche servendo panini posso condividere la causa». Fino alla diciottenne Valsusina che ha fondato un gruppo Fff con alcuni amici «e ovviamente ci siamo legati al movimento No Tav: parlando di ambiente non potevamo che lavorare assieme».
È la seconda volta che gli attivisti dei Fff si radunano tutti assieme da ogni parte d’Italia, d’Europa e del mondo, dopo l’incontro di Losanna nel 2019 e vengono accolti da una temperatura tropicale, come a sottolineare l’urgenza di invertire la rotta sui cambiamenti climatici. Come se non bastasse gli organizzatori di Torino porgono un altro biglietto da visita: «Vi accogliamo in una delle città più inquinate d’Europa».
I ragazzi si guardano tra di loro, si presentano: chi viene dall’Uganda e chi dall’Estonia, dalla Repubblica Ceca e dall’Indonesia, dal Messico e dalla Germania… Pochissimi erano anche al meeting di tre anni fa. Sarà anche che in mezzo c’è stata la pandemia, che ha cambiato le vite di tutti, ma soprattutto «c’è già stato un ricambio generazionale. Io a 22 anni sono tra i “vecchi”, nel senso che ho portato altrove l’esperienza di Fridays for future», analizza Andrea Farina, di Monza parlando della lista civica in cui si è candidato e degli studi di Urbanistica al Politecnico per coniugare «politica e cura dell’ambiente». «Ed è cambiato anche l’approccio, ci siamo evoluti: ora si parla di temi intersezionali, di giustizia sociale, di sistema», spiega l’amico Lorenzo Catelani, che a 18 anni ha raccolto il testimone. «Greta ha lanciato lo sciopero del clima, ma dietro si è costruito un movimento forte, che non ha bisogno di leader», incalza Chiara, ventunenne di Roma.
Sarà anche per questo che tra gli attivisti è stata accolto quasi con indifferenza l’annuncio che Greta Thunberg non sarebbe arrivata a Torino. Si è collegata in video: «Sono contenta che le persone possano nuovamente ritrovarsi e stare insieme dopo tutto questo tempo e in un’occasione come questa in cui si può parlare faccia a faccia. È un’opportunità per migliorare il livello della discussione e per conoscersi tutti meglio».
Poche parole per lasciare spazio alla presentazione dei temi di cui si occuperanno i delegati, dalla decolonizzazione al modo in cui comunicare la crisi climatica. Ma tra i partecipanti italiani si aggiunge un argomento di discussione in più ed è quello delle elezioni, che arrivano due giorni dopo il Global Strike dei Fridays, lo sciopero generale per il clima il 23 settembre. «Siamo un movimento apartitico», precisano, ma «guarderemo tutti ai programmi e alle liste per cercare quelle che metteranno l’ambiente in agenda», dice Giulia. Ma anche senza guardare alle elezioni di una cosa sono tutti convinti: «Quello che stiamo facendo è già politica perché il clima impatta sulle comunità — dice Pietro, professore toscano di 28 anni — Non tutta la gente della mia età lo ha capito, ma i ragazzi più giovani lo sanno bene».