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Femminicidio a Genova, le liti continnue e la disperazione del figlio: “Non doveva succedere”

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Una atmosfera pesante, difficile, carica di tensione. Che in un certo senso stona con il luogo dove Marzia Bettino viveva insieme al marito Sebastiano Cannella. Al di là di una delle zone più industrializzate, oltre Trasta, verso San Biagio. Sotto industrie, fabbriche e capannoni, sopra di fatto è campagna, verde, quiete, non lontano dal Santuario della Madonna della Guardia.

Qui l’uomo, escavatorista esperto, ha ucciso la donna, strangolandola con una corda. Poi ha chiamato i carabinieri. Appena compiuto il femminicidio, dopo la drammatica telefonara ai militari mentre il killer vagava per la Valpolcevera – “ho ammazzato mia moglie” – nella villetta si sono precipitati i due figli. “Non doveva ucciderla, piuttosto poteva spaccare il muro, tirare giù la casa”, il grido di uno dei due, prima che dalla sretta strada asfaltata arrivassero parenti, amici, giornalisti.

Tutti i conoscenti sono increduli, ma sapevano della separazione in corso. Sebastiano Cannella, che secondo le prime testimonianze era molto geloso e ossessivo nei confronti della moglie casalinga, temeva di perdere tutto. “Non ce la facevo più”, ha detto quando i militari lo hanno fermato. Ci sono state tante liti, negli ultimi mesi. Pure una denuncia dell’uomo, per minacce, nei confronti della donna: secondo il racconto di lui, lei gli avrebbe puntato contro uin coltello. Ancora un intervento di una pattuglia di Bolzaneto per una lite, qualche settimana fa.

La villetta, di prorietà della moglie, a quanto pare l’aveva messa a posto lui, muratore esperto. E allora, sempre secondo le prime ricostruzioni ora al vaglio del pubblico ministero Federico Panichi, che nella notte ha interrogato Cannella nella caserma dei carabinieri di Forte San Giuliano, l’uomo ha ucciso. Da una parte la libera scelta di una donna, quello di separarsi, che lui ha voluto soffocare nel sangue. Dall’altra la certezza di perdere la casa.

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