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CIVITANOVA MARCHE – “Ma cosa hai fatto?”, gli ha urlato Elena. La fidanzata di Filippo Ferlazzo era in un negozio di abbigliamento, uno dei tanti lungo corso Umberto I a Civitanova Marche. Lui, nel frattempo, si era allontanato e in pochi minuti aveva ucciso con le sue mani Alika Ogorchukwu, nigeriano di 39 anni. Poi è tornato indietro e ha incrociato la donna. Vivevano assieme da pochi mesi nel centro del paese.
Lei, 45 anni, corporatura minuta, nei minuti dopo l’omicidio l’hanno vista immobile, davanti alla salma, mentre i soccorritori cercavano di rianimare invano la vittima. Poi è stata portata in commissariato per essere sentita come persona informata sui fatti. Ai poliziotti ha spiegato cos’era successo attorno alle 14: la coppia aveva incontrato l’ambulante, che cercava di vendere qualcosa e chiedeva l’elemosina.
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di
Luca Monaco
“Ci eravamo incrociati vicino alla stazione. Quell’uomo chiedeva i soldi con insistenza, si è avvicinato a me con invadenza – ha raccontato ai poliziotti – mi ha tenuta per un braccio”, dettaglio raccontato anche dall’uomo che adesso è in carcere. Ma Elena pensava che fosse finita lì. Quando è entrata nel negozio, Ferlazzo invece ha seguito l’ambulante, lo ha colpito con la stampella e lo ha finito con le mani. È tornato indietro, verso Elena, che in quel momento gli ha chiesto: “Ma cosa hai fatto?”.
Per lui, l’avvocata Roberta Bizzarri chiederà una perizia psichiatrica perché, dalle informazioni in suo possesso, ha un’invalidità civile al 100% per dei disturbi che in passato lo hanno portato anche a frequentare una comunità a Lecce. La mamma di Ferlazzo, Ursula, sarebbe la sua amministratrice di sostegno e si dice “affranta per quello che ha fatto mio figlio”. Mai avrebbe pensato che potesse arrivare a tanto. Davanti al negozio dov’è stato ucciso Alika continua la processione dei passanti che si fermano anche solo per un minuto a guardare i fiori e i cartelli appoggiati accanto a un albero.
La ricostruzione del delitto
Quattro minuti e 200 metri, tempo e spazio che racchiudono la morte di Alika, l’ambulante nigeriano ucciso a colpi di stampella e a mani nude venerdì scorso, da Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, un operaio di 32 anni, che stava passeggiando con la sua compagna Elena per corso Umberto, a Civitanova Marche.
Quattro minuti d’inferno per Alika, la cui colpa, a dire di Ferlazzo, è stato essere insistente nel chiedere l’elemosina e aver preso per il braccio la sua compagna. Poco dopo le 14 il cuore di Alika si è fermato, sotto il peso dell’aggressore, che, ora in carcere, dice di non sapere cosa ha fatto.
Cosa è successo
Ma andiamo con ordine: alle 14.11 di venerdì la polizia viene allertata per una violenta lite in strada proprio nel centro di Civitanova, in corso Umberto. Lite che era iniziata qualche minuto prima 200 metri più giù, vicino alla stazione. Filippo e Elena vengono avvicinati da Alika, che cerca di vendere un pacco di fazzoletti o di racimolare un euro dai passanti. La coppia non vuole comprare nulla e l’ambulante si allontana con la sua stampella. Ma a Ferlazzo qualcosa non era piaciuto: la sua insistenza
Forse aveva insistito, forse c’era stata una parola di troppo ma di certo, escludono gli investigatori, nessuna avance nei confronti della donna.
Sembra finita. Invece Ferlazzo, da solo, lo insegue e lo raggiunge. Gli strappa la stampella dalle mani e la usa come arma. Colpisce il nigeriano più volte e quando lui cade a terra gli sale sopra per tre-quattro minuti schiacciandolo fino alla morte. A mani nude. La fidanzata non è con lui e non avrebbe assistito alla scena. Che si conclude con l’italiano che torna indietro finché non viene arrestato dalla polizia. A incastrarlo, le immagini della telecamera del Comune, puntata proprio sulla scena del crimine, e il racconto di due ventenni, una delle quali avrebbe a sua volta fatto un filmato.
Una reazione abnorme
“Le indagini sono in corso ma la situazione è abbastanza chiara – hanno detto il dirigente della squadra Mobile di Macerata, Matteo Luconi, e quello del commissariato di polizia di Civitanova Marche, Fabio Mazza – tutto sembra essere nato da una lite per futili motivi, con una reazione abnorme da parte dell’aggressore nei confronti della vittima che gli stava chiedendo l’elemosina”. Movente confermato dalla compagna dell’arrestato, che ha parlato di “insistenza” dell’uomo nel chiedere i soldi Il razzismo non c’entra, spiegano. Ma per Francesco Mantella, che difende la famiglia del nigeriano, “non so cosa sarebbe successo se Alika fosse stato italiano o americano. Quel “pezzo di m.” (detto dall’aggressore durante il pestaggio, ndr) trasudava qualcosa che va al di là del punire qualcuno che ha fatto uno sgarbo”.
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La perizia psichiatrica
Ferlazzo, 32 anni, originario di Salerno, vive a Civitanova da alcuni mesi assieme alla compagna, di 45 anni. Aveva trovato un lavoro in una ditta nella zona industriale del paese: un incarico di un mese ma era in trattativa per il rinnovo. “Cosa ho fatto? Non volevo, non so come sia potuto succedere”, ha detto ieri in lacrime alla sua avvocata Bizzarri. “Sono addolorato, chiedo scusa”. La legale chiederà una perizia psichiatrica nei suoi confronti perché, da quanto da lei appurato, l’uomo ha disturbi psichiatrici che lo hanno portato al riconoscimento di un’invalidità civile e alla nomina di un amministratore di sostegno (è la madre, che vive in Campania). Il 23 e il 24 aprile scorsi, continua la legale, Ferlazzo ha fatto anche due visite psichiatriche nell’ospedale di Civitanova. Domani per lui è previsto l’interrogatorio di garanzia in carcere, martedì l’autopsia sul corpo di Alika per chiarire le cause della morte.
Il testimone: “Gli dicevo basta o lo ammazzi”
“Smettetela di dire che nessuno è intervenuto per salvare Alika. Io c’ero mentre quell’energumeno lo uccideva. Ho provato a fermarlo ma non ci sono riuscito. Però ho chiamato la polizia e l’ho fatto arrestare”, le parole a Repubblica di un testimone oculare del delitto, Mariano M., che era fermo alla fermata del bus e ha avvertito i soccorsi.
L’avvocato di Alika: “Perché non era vigilato se aveva un tutor?”
“Se c’è un risvolto psichiatrico che si inserisce nelle cause dell’omicidio di Alika, serve riflettere: se Ferlazzo aveva un amministratore di sostegno, pare fosse la madre, perché questi non era vigilato? Bisognerà avviare una serie di verifiche”, ha osservato l’avvocato Francesco Mantella, legale della famiglia di Alika Ogorchukwu. “Abbiamo piena fiducia nell’operato della Procura di Macerata”.”Le scuse di Ferlazzo non bastano, ora serve solo giustizia e non vendetta. E’ difficile riuscire a comprendere quello che è successo”, commenta la famiglia Ogorchukwu, aprole affidate all’avvocato.