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Lontani da casa, impegnati negli esami universitari, bloccati per impegni di lavoro, circa cinque milioni di fuorisede potrebbero non votare alle prossime elezioni del 25 settembre. Con l’improvvisa crisi di governo e lo scioglimento delle Camere è infatti molto difficile che il Parlamento riesca ad approvare in tempo utile le nuove norme per facilitare il voto a studenti e lavoratori lontani dal proprio comune di residenza, che alle ultime Politiche del 2018 erano stimati dall”Istat in 4,9 milioni, più del 10 per cento degli aventi diritto.
Si tratta soprattutto di giovani dal Sud e delle Isole, che per differenti motivi hanno deciso di non spostare la propria residenza nel luogo di domicilio, come richiesto dalla legge in alternativa al ritorno a casa per recarsi al seggio. Un numero cospicuo pronto ad alimentare il cosiddetto “astensionismo involontario”, ossia la mancata partecipazione per motivi indipendenti dalle proprie scelte politiche.
“Una delle principali cause”, secondo il libro bianco “Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto”. Con diversità strutturali lungo la penisola. Secondo la relazione prodotta da una commissione di esperti istituita dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, “l’incidenza sul corpo elettorale di chi deve rientrare ‘da fuori’ è pari in media al 6,0% nelle Isole e al 5,8% nel Sud”. “Portando i cittadini a non affrontare onerosi trasferimenti per motivi elettorali”, si arriva a stimare – rispetto al 2018 – un recupero sul tasso di astensionismo “per oltre 4 punti percentuali su 27 a livello nazionale, con gradiente crescente da Nord (2,7 punti su 23,3), al Centro (3,8 punti su 24,8). Nel Mezzogiorno il potenziale di recupero sarebbe “di 5,9 punti percentuali su 33 di astensionismo complessivo”.
Il problema è noto da anni ed evidenziato recentemente dalla bassa affluenza ai referendum sulla giustizia e alle amministrative dello scorso 12 giugno. La proposta di legge Nesci (M5S) approvata nel 2018 dalla Camera giace bloccata in Senato. Solo in questa legislatura in commissione Affari costituzionali della Camera sono state esaminate altre cinque proposte di legge sul tema, ma l’iter è stato rallentato dalle obiezioni del ministero dell’Interno “contrario a far viaggiare le schede elettorali dal comune di residenza a quello di temporaneo domicilio e viceversa”. La resistenza del Viminale appare incomprensibile alle organizzazioni come ‘The Good Lobby’ che giudicano “paradossale” la situazione, visto che l’esercizio di voto degli italiani all’estero per corrispondenza è invece garantito.
Tanto più che il voto a distanza è permesso persino in regimi democratici considerati in affanno come la Polonia o l’Ungheria di Orban. “Non possiamo lamentarci della scarsa partecipazione dei giovani alla vita politica – sottolineano la senatrice Emma Bonino e il deputato Riccardo Magi – e poi non permettergli di votare dove vivono. L’Italia, oltre a Cipro e Malta, è l’unico Paese in Europa a non riconoscergli il diritto di votare nella città in cui vivono per le elezioni politiche”. I due esponenti di +Europa lo scorso 28 luglio hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Interni Lamorgese e lanciato una raccolta firme per sostenere l’iniziativa parlamentare.