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Referendum eutanasia, Cappato: “Serve una norma molto chiara per legalizzarla”

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ROMA – “Mi auguro che nessuno debba subire lunghe trafile giudiziarie per aiutare un malato terminale e senza speranza a morire. Spero ci sia presto una legge chiara sull’eutanasia”. Marco Cappato conta sull’approvazione della legge in Parlamento, ma più sul referendum che l’Associazione Coscioni, di cui è tesoriere, ha promosso e che ha raccolto 1 milione e 240 mila firme.

Alla Camera sull’eutanasia incombe lo spettro della legge Zan

di

Liana Milella

19 Novembre 2021



Cappato, lei è stato assolto per l’aiuto al suicidio di Dj. Fabo e, con Mina Welby, per quello di Davide Trentini. Pensa di ritrovarsi ancora in queste situazioni?
“È possibile. Noi forniamo informazioni e anche aiuti concreti. È un atto di disobbedienza civile. Il Parlamento deve fare una legge adeguata. Confido nel referendum, che riguarda la legalizzazione dell’eutanasia”.

La Corte costituzionale ha chiesto due volte una legge sulla morte assistita, ora teme un nuovo stallo?
“La prima richiesta della Consulta alle Camere è arrivata tre anni fa, quando la Corte si è espressa sul caso dell’aiuto al suicidio per Dj. Fabo. Lo fece con una ordinanza. Fu di fatto l’anticipazione del giudizio di incostituzionalità per l’applicazione delle pene, fino a 12 anni di carcere, per l’aiuto al suicidio in una condizione come quella. Si rimise nella mani del Parlamento, anche con un ultimatum: la legge”.

E poi?
“La Consulta si è riconvocata ed è andata a sentenza, ribadendo quanto sostenuto nella precedente ordinanza. Ha ripetuto: ci vuole una legge. Perché l’aiuto al suicidio non rientri nella fattispecie del reato,ci vogliono quattro condizioni: la volontà libera e consapevole della persona; l’irreversibilità della malattia; la sofferenza insopportabile; essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale”.

Ma il Parlamento non si è mosso, lo farà adesso? C’è un nuovo rinvio e veti incrociati.
“Il referendum ha un ruolo decisivo come spinta a procedere alle Camere. Ma se il Parlamento approvasse un testo base che non affronta il nodo della legalizzazione dell’eutanasia, il referendum si terrebbe lo stesso”.

Perché?
“La norma di cui sono relatori per il centrosinistra il dem Alfredo Bazoli e il grillino Provenza se fosse approvata così com’è si limita a recepire le indicazioni della Consulta, ne definirebbe le procedure. Il caso di Mario, tetraplegico per un incidente da 10 anni e che ha chiesto
il suidicio assistito, è emblematico: nel vuoto normativo, la Asl non è intervenuta. Regole chiare sono necessarie”.

Però non una legge purché sia, secondo voi dell’Associazione Coscioni?
“Il referendum da noi proposto abroga parzialmente il reato di omicidio del consenziente, ovvero chiede la legalizzazione dell’eutanasia come c’è in Olanda, in Belgio, in Lussemburgo, in Spagna e ora in Portogallo”.

Non è tuttavia meglio un passo che nessun passo?
“L’obiettivo è vincere il referendum che abroga l’articolo 579 del codice che si occupa dell’omicidio del consenziente e non solo dell’aiuto al suicidio”.

Teme che la questione eutanasia faccia la fine del ddl Zan contro l’omotransfobia, affossato al Senato?
“Se non ci fosse il referendum sarebbe una certezza”.

L’eutanasia sdogana una cultura di morte?
“Il tema è quella della libertà e della responsabilità individuali. Penso che sia un tema di vita”.
 

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