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“Se fossimo andati oggi all’appuntamento con Letta probabilmente avremmo rotto”, spiega Angelo Bonelli, co-segretario dei Verdi, partito federato con la Sinistra italiana di Nicola Fratoianni. “Il patto elettorale tra il Pd e Calenda ha completamente cambiato il quadro e a noi serve tempo per fare alcune valutazioni. Tutti noi siamo sommersi di messaggi, dai mondi più disparati, anche moderati e cattolici, non solo quelli radicali e ambientalisti, che ci chiedono: ma è che è sta roba qui?”.
L’alleanza col Pd finisce prima ancora di cominciare?
“Proviamo un disagio profondo per il metodo, la modalità e la sostanza dell’intesa con Azione. Noi per settimane abbiamo subito veti e insulti volgari, ai quali non abbiamo mai risposto anche per non mettere in difficoltà Letta. Ma ora è successo qualcosa che per noi è inaccettabile. Non ci si può sempre chiedere di portare la croce e cantare pure”.
Lo avete detto a Letta?
“Credo lo abbia capito. Come ha capito che se abbiamo rimandato l’incontro è per cercare di salvare la prospettiva che stavamo costruendo insieme”.
Quando vi rivedrete?
“Per ora il rinvio è sine die, dobbiamo pensarci bene”.
Ma non non vi avevano avvertiti che c’erano buone possibilità di chiudere con Calenda?
“Certo che sì, ma a condizioni ben diverse da quelle che si sono poi verificate. Quando abbiamo visto Letta per comunicargli la nostra disponibilità all’alleanza, era stata concordata una cornice che doveva essere la stessa per tutte le forze della coalizione: tenuta democratica dell’Italia messa a rischio dalla destra sovranista e difesa della Costituzione”.
Non c’è anche questo nel patto elettorale Pd-Azione?
“Il problema è quello che c’è oltre questo. Alcuni punti programmatici per noi sono insostenibili. Dai rigassificatori all’ossessione per l’agenda Draghi, che è frutto di un compromesso, delle politiche anche di Lega e Forza Italia, la peggiore destra d’Europa”.
Il patto però impegna solo Letta, Calenda e Della Vedova, non lei e Fratoianni. Cosa temete esattamente?
“Si pone una questione enorme, legata al profilo culturale e politico del messaggio che vogliamo lanciare. Quello che è stato proposto ieri da Pd e Azione sta portando grande disagio all’elettorato storico di centrosinistra, che rischia di andarsene o nell’astensione o verso altri mondi”.
Per esempio il M5S?
“Sì, ma non solo”.
Per questo avete ripreso a trattare con Conte?
“Non abbiamo ripreso. Con Conte ci siamo sentiti solo una volta, non recentemente”.
Intendete farlo?
“Niente è escluso in questa fase. Noi consideriamo sbagliato quanto è accaduto ieri: nella tempistica, nel metodo e nella sostanza si è dato a Calenda uno spazio, in termini programmatici e di collegi, che è sovrastimato. Vorrei ricordare che la federazione Verdi-SI alle ultime amministrative ha preso il 4% su scala nazionale, Azione l’1,7”.
E quindi, quali condizioni intendete porre al Pd per proseguire insieme?
“Intanto c’è la necessità di spostare l’asse dell’alleanza che, seppur tecnica, deve tornare a parlare al popolo di centrosinistra, se non vogliamo perderlo. Dunque va rinegoziata la questione programmatica, mettendo al centro giustizia sociale e climatica, che sono del tutto trascurate nel patto con Calenda. E poi dev’esserci pari dignità fra alleati. Hanno dato ad Azione il 30% dei collegi unininominali, o rinegoziano quel patto o devono fare lo stesso anche con noi. Come avversari abbiamo partiti che con il presidenzialimento e l’autonomia differenziata vogliono sfasciare l’Italia. Esiste dunque l’esigenza di costruire un fronte democratico che glielo impedisca. Ma non possiamo farcene carico soltanto noi”.