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Marco Cappato è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di aiuto al suicidio, ovvero per aver accompagnato in Svizzera la signora Elena, malata terminale di cancro, che ha deciso di andare in una clinica svizzera per morire. E’ la decisione presa dal procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano dopo la trasmissione in procura della denuncia presentata mercoledì dallo stesso tesoriere dell’associazione Luca Coscioni alla caserma dei carabinieri di via Fosse Ardeatine a Milano.
Il suicidio assistito di Elena, malata di cancro: “Ho preferito la Svizzera all’inferno”
di
Maria Novella De Luca
In quella stessa caserma Cappato si era presentato cinque anni fa per il caso di dj Fabo, Fabiano Antoniani, un suicidio assistito che ha dato il via alla discussione sul fine vita. Da allora qualcosa è cambiato, ma non abbastanza: Elena, 69enne residente a Spinera, in Veneto, aveva un cancro ai polmoni in stadio avanzato, ma non era sottoposta a trattamenti di sostegno vitale, per questo non ha potuto chiedere il suicidio assistito in Italia.
Suicidio assistito, l’ultimo messaggio di Elena: “Ero a un bivio: ho scelto la Svizzera e non l’inferno”
Nel documento di autodenuncia Cappato ha spiegato ai carabinieri, nel dettaglio, i passaggi con cui ha aiutato Elena ad attuare il suicidio assistito, un aiuto “indispensabile” perché la donna non voleva mettere nei guai giudiziari i propri cari, il marito e la figlia, che hanno condiviso la sua scelta. Cappato rischia fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio perché la sentenza della Corte costituzionale, che ha depenalizzato in parte il suicidio assistito in Italia, non contempla il caso di Elena. “Ho sottolineato ai carabinieri che, se sarò nelle condizioni e mi sarà chiesto, continuerò a farlo. Poi valuterà l’autorità giudiziaria se ci sarà la reiterazione di reato – ha spiegato una volta uscito dalla caserma accompagnato dall’avvocato Filomena Gallo, che è anche segretaria nazionale dell’Associazione Coscioni -. Che senso ha che una persona completamente paralizzata ha diritto al suicidio assistito e un malato terminale di cancro, con un’aspettativa di vita di pochi mesi, non ha diritto a questa scelta e deve affrontare quello che Elena ha definito un inferno. Non è degno di un paese civile”.