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Alla fine è prevalso l’istinto anarchico in Carlo Calenda, il “ghe pensi mi” che è in lui. Non è mai stato tipo da giocare in squadra, ma uno che balla da solo, più manager che politico. In fondo la spiegazione della clamorosa rottura di oggi è tutta qui. Appena cinque giorni dopo avere sottoscritto l’accordo col Pd, e averlo spiegato agli italiani, Calenda lo straccia, butta a mare ogni promessa di responsabilità di battersi contro la destra “che ci farà fare la fine del Venezuela”, e corre in solitaria. Raramente si era visto voltafaccia così repentino nello scombinato teatrone della politica italiana. Le ragioni più specificamente politiche sono molteplici. La voglia di dimostrare quanto vale da solo. La ribellione della sua base, contraria a mettersi in società con Bonelli, Di Maio e Fratoianni. Le pressioni esercitate dagli ex Forza Italia (Enrico Costa, Osvaldo Napoli, Cangini, Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna), a fare il terzo polo. La paura di perdere il voto dei moderati. L’ambizione di essere l’unico vessillifero dell’agenda Draghi. Soprattutto la libertà esprimere senza lacci il suo indubbio talento di campaigner. Calenda insomma voleva fare Calenda.
Calenda l’anti-buonista: “Sinistra o destra? No, io risolvo problemi”
di
Filippo Ceccarelli
A indispettirlo è stata la conferenza stampa di ieri nella sede del Partito democratico tra Letta-Fratoianni-Bonelli, vista come lesa maestà. Non c’era niente di sbagliato, in realtà. L’accordo – siglato martedì 2 agosto – contemplava anche la presenza di una gamba di sinistra, ma il vederli insieme gli ha dato l’impressione che la sua presenza avesse perso d’importanza. “Questo non è più un accordo Letta-Calenda, ma un’Armata Brancaleone”, ha detto a un amico. “Fai quello che ti senti di fare, devi essere libero” gli hanno suggerito allora i sodali. E’ seguito un lungo rimuginìo, anche perché i compagni di strada più vicini – l’ex pd Matteo Ricchetti e l’ex Scelta civica Andrea Mazziotti – erano per confermare il patto col Pd. Pure Emma Bonino. Enrico Letta ha provato a convincerlo fino all’ultimo. Invece all’ora di pranzo Calenda ha chiamato Dario Franceschini e gli ha detto che se ne va. “Con reciproco dispiacere, perché è una decisione tra le più sofferte” ha detto a Mezz’ora, la trasmissione di Lucia Annunziata. Calenda è apparso psicologicamente travagliato, emotivamente provato. “Sono stato ingenuo”, ha detto. “Ero convinto che il Pd facesse la sua Bad Godesberg invece che una grande ammucchiata”.
Carlo Calenda verso la rottura con lo schieramento di centrosinistra
di
Giovanna Vitale
Il centrosinistra esce azzoppato da questa brusca decisione. E’ un colpo di scena che ne mortifica le possibilità di giocarsela alla pari. Si va verso quattro poli: la destra, grande favorita; il Pd (bisogna capire se +Europa rimarrà); i centristi di Calenda-Renzi (vedremo se insieme o separati, in ogni caso Calenda non dovrà raccogliere le firme, dicono i suoi); i Cinquestelle. Giorgia Meloni si starà fregando le mani.