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La mamma di Gaddo ha postato un messaggio su Facebook che è un atto d’accusa: “Dopo aver visto morire mio padre 87enne, soffrire le pene dell’inferno al pronto soccorso dell’ospedale di Pistoia, hanno lasciato morire mio figlio 31enne, per infarto, da solo, a casa, dopo una diagnosi di congestione. E sono a lottare per non farlo portare via prima di aver fatto la denuncia alla Procura”. Seguono i commenti increduli e arrabbiati di chi conosceva Gaddo Giusti, 31 anni, impiegato in una ditta di termoidraulica, pratese, calciante della Palla Grossa. Giusti era andato al pronto soccorso dell’ospedale Santo Stefano di Prato intorno all’una di notte del 4 agosto per un malore, secondo quanto ha ricostruito la Asl dell’ospedale toscano: era stato sottoposto a una serie di accertamenti e la mattina successiva era stato dimesso. Nel pomeriggio del 6 agosto, mentre si trova a casa ha un malore che questa volta è fatale. C’è un collegamento fra quella richiesta di aiuto del 4 agosto e il malore successivo? La famiglia del giovane pensa di sì. La Asl ordina accertamenti.
Probabilmente sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso nel momento in cui il magistrato ordinerà di eseguirla. Intanto la procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo.
Sulla vicenda è già stata presentata un’interrogazione in Regione e presto ne sarà presentata una analoga in Parlamento. “Vogliamo sapere perché un ragazzo di 31 anni, dimesso dal pronto soccorso dell’ospedale Santo Stefano Prato, è poi morto a casa” si legge nell’interrogazione alla Giunta regionale presentata dai consiglieri di Fratelli d’Italia Diego Petrucci, componente della Commissione Sanità, e Alessandro Capecchi. Interrogazione che il deputato Giovanni Donzelli, coordinatore nazionale di FdI, presenterà a livello parlamentare.”Vogliamo anche sapere . aggiungono i consiglieri di FdI – se al Pronto soccorso di Prato, e negli altri Pronto soccorso dell’Asl Toscana Centro, ma anche in generale di tutta la regione, gli operatori stiano lavorando in condizioni che gli permettano di svolgere il proprio lavoro in maniera ottimale, con adeguati carichi di lavoro e con dinamiche regolari”.