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ROMA – Il primo aprile 2001 un grande aereo spia americano stava sorvegliando molto da vicino uno degli atolli che i cinesi avevano appena cominciato a trasformare in fortezze. All’improvviso due caccia di Pechino hanno iniziato a sfrecciare intorno al ricognitore, cercando di imporgli un cambiamento di rotta. In queste manovre troppo azzardate, un jet ha colpito l’ala del quadrimotore Usa che è stato costretto ad atterrare su un aeroporto della Repubblica Popolare: nei pochi minuti di volo, l’equipaggio ha distrutto le strumentazioni con un’ascia e bruciato i documenti.
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dal nostro inviato
Paolo Mastrolilli
L’era Bush
Una volta a terra, i militari dell’Us Navy sono stati arrestati e interrogati per giorni. Quello è stato il momento di massima tensione nel Pacifico, che ha dimostrato come la presidenza Bush avesse indirizzato l’attenzione dell’intelligence tutta verso la Cina. Cinque mesi dopo l’attacco alle Torri Gemelle ha cambiato il mondo, mobilitando gli agenti nella caccia ai jihadisti: per due decenni le legioni spionistiche si sono dedicate in massa alla guerra globale contro il terrorismo.
Dopo il raid contro Al Zawahiri
Adesso l’uccisione di Ayman al-Zawahri, l’uomo che insieme a Bin Laden ha costruito Al Qaeda e ultimo nome storico del fondamentalismo sunnita, sembra segnare la fine di una lunga stagione. E la Cia – come si è discusso a Langley in una riunione pochi giorni fa – vuole spostare la totalità delle risorse sul fronte del Pacifico. Il vicedirettore, David Cohen, è stato chiaro: la priorità assoluta dell’Agenzia è riuscire a comprendere meglio le mosse di Pechino e trovare la maniera di contrastarle.
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dal nostro corrispondente
Gianluca Modolo
Il portavoce della Cia, Tammy Thorp, ha frenato, precisando all’Ap che “nonostante crisi come quella creata dall’invasione dell’Ucraina e la competizione globale con la Cina, i terroristi islamici restano una sfida”. Ma è chiaro che il nuovo imperativo è guardare oltre la Grande Muraglia, dove la crescita tecnologica in settori come la quantistica e la genetica continua a sorprendere l’intelligence americana, incapace di penetrare nei laboratori del Dragone.
Sfida di spie con la Cina
Gli Stati Uniti hanno un ritardo enorme. E in quanto a spie, i cinesi vantano una tradizione millenaria che si somma a sistemi di controllo hi-tech che non temono rivali. Gli americani hanno pochissimi operativi infiltrati sul territorio, le intercettazioni sono difficili e le cyberincursioni devono misurarsi con difese informatiche possenti.
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dal nostro corrispondente
Gianluca Modolo
Da tempo la Cia cerca di mandare persone sul campo: Amaryllis Fox, agente in servizio fino al 2010, ha raccontato la missione a Shangai col figlioletto neonato e il vero marito in modo da destare meno sospetti: si presentò come una mercante d’arte, attività svolta per anni dalla madre in diversi Paesi. Ma non sperava certo di passare inosservata. Lei e la sua vera famiglia dovevano solo fare da esca: venivano pedinati senza sosta, permettendo agli americani di decifrare i metodi del controspionaggio della Repubblica popolare.
In cerca di interpreti cinesi
Tutte le agenzie civili e militari ora cercano interpreti e 007 di lingua cinese da reclutare, riducendo i tempi di prova per rinvigorire i ranghi: sanno però che nessun occidentale o oriundo avrà libertà di movimento in Cina. “Siamo in ritardo ma la cosa buona è che finalmente ci stiamo concentrando sulla regione”, ha detto Chris Stewart, un parlamentare della Commissione Intelligence della Camera: “Questo avrà un significato in termini di personale, di risorse, di assetti militari e diplomatici”.
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dalla nostra inviata
Anna Lombardi
Già un anno fa, la Cia ha annunciato la creazione di un “mission center” per centralizzare e migliorare la raccolta dell’intelligence sulla Repubblica Popolare. Molti analisti però sottolineano l’esempio del Covid: la difficoltà di ottenere notizie certe sull’origine del virus dimostra la debolezza della rete di informatori, umani e tecnologici.
La sorveglianza satellitare
Sulla Russia invece gli americani si sentono molto più forti, grazie alla supremazia dei sistemi di infiltrazione cyber e alla possibilità di trovare fonti tra chi non condivide la linea di Putin e tra le numerose minoranze etniche. In Cina queste opportunità sono minime. Ormai il governo può contare su comunicazioni quantistiche, anche via satellite, blindate alle intercettazioni che garantiscono trasmissioni sicure ai vertici del partito, delle forze armate e dei servizi di sicurezza.
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di
Floriana Bulfon
Le dimensioni del Paese ostacolano la vigilanza dei satelliti e gli apparati del regime sono attivi ovunque per monitorare stranieri e dissidenti. C’è un solo punto debole: la corruzione, che resta diffusa a tutti i livelli. Lo strumento più antico per tentare di ottenere i segreti più moderni.