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ROMA – “Occhio alla variante Delta Plus. Anche questa è nata in Inghilterra, dove continuano a fare disatri, e anche questa è destinata a diventare predominante, nel Regno Unito probabilmente nei prossimi due mesi, in Italia a seguire”.
Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Robeto Speranza, lancia un nuovo allarme su quello che potrebbe essere il prossimo step della pandemia con tutti i rischi che ne conseguono sulla tenuta dell’efficacia dei vaccini.
Professore, perché questa nuova variante la preoccupa?
“Soprattutto perché è già stato accertato che è più contagiosa della Delta, che si è già dimostrata enormemente più contagiosa della versione originale del virus di Wuhan. Siamo a un 15-20 % in più, per capirci si presenta come più contagiosa del morbillo, ai livelli della varicella. Questo significa che un positivo è in grado di infettarne addirittura 8-9 contro gli 1-2 del virus originario e i 6-7 della Delta”.
Questa nuova variante è anche più pericolosa di quella attualmente prevalente?
“Per fortuna sembra di no. In inghilterra (dove è già diffusa al 15-20 %) non sono state rilevate conseguenze più pesanti per chi contrae la malattia né tantomeno una maggiore letalità. Ripeto, il pericolo consiste nella maggiore diffusività del virus. Da qui la necessità di correre con le terze dosi e di insistere con le prime in quella fetta ancora grande di popolazione che non si è immunizzata”.
La Plus è arrivata anche in Italia? Pensa che finirà per diventare prevalente?
“Sì, è già stata isolata in alcune Regioni del nord e centro Italia, anche a Roma, ancora per fortuna in numero di casi limitati. La previsione è che in Gran Bretagna diventerà predominante nel giro di due mesi e, a cascata, come è sempre avvenuto, si affermerà anche in Italia visto anche il notevole interscambio che il nostro Paese continua ad avere con il Regno Unito. E’ vero che chi arriva deve fare il tampone, ma proprio la maggiore diffusività della Delta Plus rende urgente escludere il tampone rapido tra i criteri di concessione del Green Pass”.
Qual è il nesso? Come mai i tamponi rapidi, ritenuti comunque uno strumento di diagnosi affidabile per tutta la pandemia, adesso sono messi al bando da gran parte della comunità scientifica?
“Non è che i test antigenici sono improvvisamente diventati inaffidabili, anzi nell’ultimo anno si sono affinati e sono di certo più attendibili di prima. Il problema è che adesso, con una variante in arrivo così contagiosa, non possiamo più permetterci un numero troppo alto di falsi negativi. E’ un banale calcolo del rischio. Se prima un positivo non rintracciato da un tampone rapido, andando liberamente in giro, poteva infettare 1 o 2 persone, adesso ogni positivo non rilevato da un test rapido è in grado di contagiarne 8 o 9, un numero che moltiplicato rischia di creare focolai diffusi in pochissimo tempo”
Da qui la necessità di staccare il Green Pass dal tampone rapido? Lei è un fautore di questa posizione da tempo.
“Assolutamente sì. Bisogna rapidamente passare alla certificazione verde a due velocità: Green Pass solo a chi è vaccinato o è guarito, chi si ostina a non volersi vaccinare, con il tampone potrà solo andare al lavoro. Ma poi occorrerà rendere efficace il dispositivo dei controlli perchè è inutile prevedere nuove misure se poi non c’è chi le fa rispettare”.