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BOLOGNA – “Il congresso è iniziato”. E a Bologna è la partita che appassiona di più dirigenti e osservatori, a margine di quote e scommesse sulla lotteria dei collegi di Bologna, su cui tuona ancora minacciosa la pioggia di paracadutati in cerca degli unici posti sicuri (in lizza una lunga serie di big, da Piero Fassino a Beatrice Lorenzin, ad Andrea Orlando). Sotto i riflettori c’è il presidente della Regione Stefano Bonaccini, corteggiato dall’ala riformista del Pd per la corsa al Nazareno sin dal passo indietro di Nicola Zingaretti. E stavolta il governatore, in passato cautissimo, sembra non tirarsi indietro.
Del resto il pertugio c’è e lo vedono tutti: il rischio di una sconfitta pesante del centrosinistra imporrebbe un cambio della guida e della strategia dem. Ecco perché questa settimana il presidente ha perso la pazienza con chi ha eccepito che il modello emiliano romagnolo di alleanza – la coalizione larghissima che va dalla sinistra di Elly Schlein a Carlo Calenda e Matteo Renzi – non va bene per l’Italia. La riflessione è del politologo Carlo Galli, che in una intervista a Repubblica, due giorni fa, ha ricordato a Bonaccini anche il richiamo di Palmiro Togliatti ai “compagni emiliani”: “L’Emilia-Romagna non può essere presa a riferimento per il resto d’Italia”. Meglio piuttosto, ha azzardato Galli, il modello di Pd “laburista” che in queste ore sta lanciando il sindaco di Bologna Matteo Lepore. Un Pd che faccia politiche di sinistra e che parli al proprio mondo, per riconquistarlo.
E’ bastato questo per provocare la reazione del governatore, agguerritissimo sin da domenica sera, a poche ore dall’addio di Calenda al Pd. Prima minaccioso sui paracadutati: “Mi auguro che non venga la tentazione a qualcuno, a Roma, di scaricare sull’Emilia-Romagna dei paracadutati da loro. Se sono leader di partito possono candidarsi nei loro collegi”. Parole nettissime, per sbarrare la strada alla flotta di capicorrente che scongiurano il Pd di ripararare negli unici collegi che le agenzie di sondaggi stanno colorando di rosso-rosato.
Poi Bonaccini subito attacca sul Pd: “Io sono di sinistra, ho sconfitto Salvini e non c’è cosa più di sinistra di questa. Tuttavia non ho nostalgia dei Ds, non si pensi di rinchiuderci nella ridotta della sinistra. Non lascio il riformismo a Calenda” alza il dito. Due giorni dopo è arrivata la sfuriata contro Galli, e contro gli “scienziati da salotto” che sentenziano “dal loro piedistallo”, tutti convinti che si vinca a sinistra: “Ma se noi non avessimo saputo parlare a elettori di altri schieramenti non avremmo vinto in regione e in tutte le altre città dell’Emilia Romagna”.
Una furia che brucia anche le ambizioni dell’altro possibile pretendente al Nazareno, Beppe Sala, e che in poche ore rimbalza nelle tendenze di Twitter e sulle agenzie nazionale, incurante pure dei richiami che arrivano da più parti a non aprire l’assise prima ancora che sia iniziata la campagna elettorale.
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di
Silvia Bignami
“In spirito di amicizia e di unità dico che questi sono temi congressuali. Ora parliamo di programmi, questo fanno i veri riformisti” gli ha detto il sindaco Matteo Lepore due giorni fa. E dopo i tuoni di viale Aldo Moro contro un Pd tutto ripiegato a sinistra, anche il Pd nazionale si è mosso. “Il congresso non è iniziato e non deve iniziare. Anzi il partito non è stato mai così unito attorno alla linea del suo sgretario” ha detto da Roma la vicesegretaria Debora Serracchiani. L’ala sinistra del partito però è già in subbuglio: quello di Bonaccini è un attacco diretto a Letta, si dice già tra le file dei sostenitori del possibile sfidante della sinistra interna, Andrea Orlando.
Marco Miccoli, ex sindacalista che fu in segreteria con Nicola Zingaretti, perde le staffe su twitter: “Bonaccini era indietro in tutti i sondaggi, vinse grazie alla mobilitazione della sinistra e delle Sardine. Ora parla in modo arrogante”. Predica pace e si mette in mezzo tra Bonaccini e Lepore anche l’ex sindaco Virginio Merola: “Ora c’è la campagna elettorale. Il Pd è l’ulivo di oggi”. Intanto si animano i sostenitori del presidente della Regione. L’area di Base riformista a Bologna, con il leader della minoranza interna Dario Mantovani, applaude: “Siamo stati rinchiusi a sinistra anche troppo”. Il sindaco di Rimini Jamil Sadelgholvaad alza le barricate: “E’ forse partita una fatwa contro il modello emiliano romagnolo, in vista del congresso?”. Sui social tanti applaudono il presidente della Regione: “Bravo, avanti presidente. Il nostro segretario”.
Una corsa che comincia, senza sapere dove finisce. E con l’ombra di Matteo Renzi sempre dietro l’angolo. Un Renzi con cui Bonaccini non ha mai rotto l’amcizia iniziata anni fa, quando fu l’organizzatore della sua campagna elettorale per le primarie del Pd. “Siamo rimasti amici, avrei voluto fosse anche lui nell’alleanza” ha ammesso due giorni fa Bonaccini alla festa regionale di Casalgrande. Una delle tante tappe del suo tour estivo delle feste, seguito da tanti sostenitori di cui tiene traccia su instagram (“Ma quanta gente c’è stasera?” scrive postando le foto della folla plaudente) in cui è impegnato fino a settembre. Campagna elettorale. Per le politiche, ma non solo.