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Non sono disposti a firmare cambiali in bianco, gli imprenditori del commercio. Lo dicono concedendo un singolo applauso ciascuno, molto istituzionale, a Matteo Salvini e Giorgia Meloni. I leader del centrodestra si presentano nella sede trasteverina di Confcommercio da prossimi vincitori, con in tasca la promessa di ridurre i pos e togliere il tetto al contante. “Siamo avanti di venti punti, sarà un onore tornare qui con un incarico di governo”, si sbilancia il leghista.”Se vinceremo…”, premette più prudente la leader di FdI. E alla fine sembra convincere un po’ di più dell’alleato.
Ma non è questo il punto, a sentire i membri del consiglio generale dell’associazione, venuti a Roma ad ascoltare tutti i partiti in corsa alle prossime elezioni. Il punto, sottolinea il presidente Carlo Sangalli, è che servono risposte subito, anche prima delle elezioni, ad aziende che hanno “resistito nei mesi drammatici della pandemia “, oggi si trovano ad affrontare il caro bollette e l’inflazione e forse domani, “speriamo di no”, la recessione. Sono a rischio, denuncia, 120mila imprese del terziario e 370mila posti di lavoro. Non bastano, concordano gli esercenti in platea, le solite promesse: stavolta in gioco c’è la “sopravvivenza”.
“Sono tremendamente preoccupato, è come un secondo Covid”, si mostra consapevole Salvini, che ai commercianti durante il lockdown prometteva aperture. “È la peggiore congiuntura possibile”, dice come prima cosa Meloni. Cercano di rassicurare. Ma i due alleati, che parlano in momenti diversi e neanche s’incrociano, mettono a nudo le distanze che li separano. A partire dalla premessa di tutto: cosa fare nell’immediato per arginare la crisi. “Ho sentito qualche collega chiedere 30 miliardi, ma se non fermi la speculazione hai voglia a mettere quei soldi: rischiano di volerci non 30 ma 200 miliardi”, dice la leader di FdI.
E tutti pensano a Salvini, che dal palco poco prima aveva chiesto proprio 30 miliardi. Invece, sostiene Meloni, basterebbero 3 miliardi – ricavati da extragettito ed extraprofitti per separare a livello nazionale il prezzo del gas da quello dell’elettricità, mentre si attende il tetto europeo al prezzo del gas, che è “la soluzione migliore”. Abbassare i prezzi, insomma, non dare soldi a pioggia con scostamenti di bilancio “perché se si può è meglio evitare di fare debito “. E la distanza sembra abissale. “Mi dicono che creo debito? Ma sì”, scrolla infatti le spalle il leghista. “Bisogna avere un Paese vivo, se la gente muore stai lì a guardare l’equilibrio di bilancio? Servono 30 miliardi subito o a dicembre bisognerà metterne 100”, aggiunge, accusando Enrico Letta di non voler stanziare quei soldi subito perché, da annunciato perdente, “punta sul caos”.
Qualche punto di contatto negli interventi dei leader della destra c’è: tagliare il cuneo (del 5%, dice FdI), flat tax (anche se con ricette diverse), una tregua fiscale (“Ma no condoni”, per Meloni). E poi: abolire il tetto al contante e allentare l’obbligo di pos (“Eliminiamolo per piccoli commercianti e professionisti”). Laleader di FdI annuncia una superdeduzione sul costo del lavoro del 120% a chi assume, Salvini invoca i voucher. Il leghista attacca il governo sulle liberalizzazioni per balneari e tassisti, la presidente di FdI stigmatizza gli egoismi europei e lancia l’idea di una piattaforma di Stato, anti- Amazon, su cui vendere il made inItaly(“Amazzone”, sorride).”L’e-commerce? Ma se in Sicilia non hanno connessione…”, si mostra scettico Salvini. E il derby virtuale potrebbe proseguire. “Serve serietà sull’Ucraina per essere credibili in Europa”, dice tra l’altro Meloni. Credibilità, anche sullo scostamento. Emma Bonino, che sale sul podio dopo di lei, almeno su questo sembra più vicina di Salvini.