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Ventinove anni dopo, sono riemersi un testimone mai ascoltato e l’identikit di una misteriosa donna. Sono riemersi soprattutto tanti misteri attorno alla strage che la notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 devastò un’ala degli Uffizi, a Firenze, e uccise cinque persone. “Adesso, abbiamo elementi di prova per dire che quella sera c’erano soggetti esterni a Cosa nostra”, dice il senatore Mario Giarrusso, che presiede il comitato sulle stragi mafiose e la trattativa della commissione parlamentare antimafia. Il gruppo di lavoro ha appena approvato la relazione finale. “Un lavoro lungo e complesso – spiega Giarrusso – che è passato anche per l’audizione di un collaboratore di giustizia importante come Gaspare Spatuzza”. L’ex sicario del clan Graviano faceva parte del commando, assieme a Cosimo Lo Nigro e Francesco Giuliano, ma la sera della strage restò a casa, a Prato. E oggi si chiede anche lui il perché del “buco di due ore” fra la partenza dei suoi complici e l’esplosione. Cosa fecero davvero Lo Nigro e Giuliano? Chi incontrarono?
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di Salvo Palazzolo
Il gruppo di lavoro dell’Antimafia, che si è avvalso della preziosa collaborazione di Gianfranco Donadio, procuratore di Lagonegro, ex aggiunto della Dna ai tempi di Piero Grasso, ha scoperto in un archivio dei carabinieri di Firenze il verbale con una testimonianza davvero importante. Una testimonianza incredibilmente mai valorizzata dalla procura di Firenze dell’epoca. Tre giorni dopo la bomba, il portiere di un palazzo di via dei Bardi raccontò che poco prima dell’esplosione era stato svegliato dalle voci di due giovani in strada, che tentavano di aprire il portone, avevano perso una busta gialla. Da una finestra, vide una Mercedes con targa ‘Rò da cui scese una donna che indossava un tailleur scuro. Poco più in là, un Fiorino bianco, come quello guidato dai boss, poi saltato in aria in via dei Georgofili. “La donna disse ai due giovani: Ci vogliamo muovere o no?”. Ecco cosa dice il verbale col “fotofit” realizzato dai carabinieri con il testimone: “La donna aveva 25 anni, corporatura magra, capelli scuri, corti e lisci, alta circa 1,70”.
“Perché quel testimone non fu ascoltato? – si chiede l’Antimafia – perché quelle indagini così importanti dei carabinieri non furono valorizzate dalla magistratura?”. Giarrusso ha convocato l’ormai ex portiere, che ha raccontato: “All’interno del portone, per terra, c’era anche una cartina di Firenze con due punti cerchiati in rosso”. Il portiere la spinse fuori. “Mi affacciai a una finestra, vidi i giovani che consegnavano una borsa a un uomo sceso dal Fiorino”. Anche nella strage di Milano, il 27 luglio 1993, un testimone segnalò una donna. E una fonte comunicò al Sisde: “È soprannominata Cipollina per la pettinatura a caschetto”. Come quella del fotofit.
La versione ufficiale, consacrata nei processi, dice che il 27 maggio, a mezzanotte, Lo Nigro e Giuliano, alla guida di un Fiorino rubato e di una Fiat Uno, andarono in via dei Georgofili. Un testimone vide parcheggiare il Fiorino alle 0,40. Parlò di un uomo, che però non corrisponde alla descrizione di Lo Nigro, indicato come il mafioso alla guida del mezzo. “Anche sulla quantità di esplosivo ci sono incongruenze”, spiega il senatore Giarrusso: “Gli esperti hanno parlato di 250 chili, una quantità maggiore di quella indaga da Spatuzza”. Misteri su misteri. Adesso, anche la procura di Firenze ha riaperto il caso per cercare di dare un volto alla donna del mistero.