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Covid: vaccino sì o no, Centaurus, il ruolo dell’inquinamento

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di Laura Della Pasqua

1. Chi è già stato contagiato può evitare il vaccino?

2. Cosa sappiamo di Centaurus?

3. La qualità dell’aria influisce sulla diffusione del Covid?

1. Chi è già stato contagiato può evitare il vaccino?

Da uno studio scientifico dell’istituto di ricerca Altamedica, che sarà presentato al congresso della Società Italiana di Genetica Umana, emerge che chi ha già contratto il virus, non ha più bisogno di vaccino. La ricerca ha evidenziato che la memoria immunologica per il Convid permane a lungo, indefinitamente. I linfociti B sono pronti a riattivarsi immediatamente allorché vengano nuovamente a contatto con il virus, trasformandosi in plasmacellule che poi genereranno gli anticorpi specifici.

Nello studio si dice che non vi è paragone sulla efficacia della immunità naturale rispetto a quella modesta e limitata post-vaccinale. I vaccini sono attivi soltanto contro una parte del virus, la proteina spike, mentre gli anticorpi naturali sono attivi contro tutto il virus e quindi non temono varianti.

Abbiamo chiesto al prof. Paolo Gasparini, tra i massimi esperti di genetica in Italia, presidente della Società italiana di Genetica Umana, un parere su questo studio. Che risponde:

Potremmo dire che è stata scoperta l’acqua calda. Normalmente il contagio da virus crea immunità. Nel caso specifico, il Covid genera continue varianti e quindi dipende se queste vanno a bucare l’immunità creata in chi si è infettato precedentemente. Numerose pubblicazioni scientifiche dimostrano che dopo il contagio, il soggetto sviluppa uno scudo naturale che per molti aspetti è meglio di quello vaccinale. La durata nel tempo dipende da come si comporta il virus, cioè se genera nuovi ceppi. Faccio il mio caso personale. Io ho preso Delta e per un anno e mezzo circa sono stato protetto, poi però a giugno scorso, ho avuto di nuovo il Covid nella variante Ba.5 quella attualmente più diffusa. L’immunità naturale mi ha consentito di stare tranquillo finché non è arrivata una variante molto contagiosa. Mi sono ammalato ma in modo lieve.

Quindi ci si può contagiare di nuovo ma senza finire in ospedale?

In base a numerosi studi e alla casistica, i soggetti che hanno sviluppato l’immunità naturale a causa del contagio, se si reinfettano hanno manifestazioni cliniche meno gravi e di conseguenza difficilmente devono ospedalizzarsi. Questo non esclude che in alcune situazioni ci possa essere la febbre molto alta, per diversi giorni.

Ma allora chi ha avuto il Covid, deve vaccinarsi con la quarta dose o no?

La risposta è legata a vari fattori: l’età innanzitutto. Sappiamo che il virus ha colpito in modo letale, soprattutto gli over 70. Un altro fattore da considerare è la presenza di comorbilità, cioè se il soggetto è diabetico, iperteso, obeso o ha un rischio di altro tipo. Al di fuori di queste situazioni, per chi ha avuto una infezione da Omicron BA.5, cioè l’ultima variante, non ha senso vaccinarsi con un prodotto disegnato sul primo ceppo, quello di Wuhan, che ormai non esiste più e sulla prima variante Omicron.

E se arriva Centaurus?

Al momento questa variante si è manifestata in India e in modo sporadico altrove. Prima di allarmarci bisognerebbe dimostrare che Centaurus è diventato dominante e che comporta problemi gravi.

2. Cosa sappiamo di Centaurus?

C’è grande attenzione tra gli studiosi per la diffusione della variante BA.2.75, soprannominata Centaurus. Ci si interroga sulla capacità di espansione e se riuscirà nei prossimi mesi a soppiantare Omicron 5 che ora è dominante. Uno degli studi più qualificati e recenti è italiano, pubblicato sull’European Journal on Internal Medicine a cura dell’Università dell’Insubria.

La principale caratteristica di Centaurus è la sua alta trasmissibilità. È in grado di legarsi alle cellule umane 3mila volte meglio delle variante Alfa. Ha fatto la prima comparsa in India, a maggio, poi è stata tracciata in altri Paesi. In Italia solo rari casi. Al momento non si parla di diffusione massiccia. Gli scienziati ritengono che nella sua espansione, stia acquisendo informazioni per rafforzare la capacità di agganciare meglio la proteina spike alle cellule umane. Uno studio dell’Imperial College di Londra e del Politecnico di Zurigo dice che la sua capacità di sfuggire agli anticorpi non è maggiore di Omicron5. Quanto alla letalità, non ci sono ancora sufficienti dati per dirlo.

3. La qualità dell’aria influisce sulla diffusione del Covid?

Sembra che la qualità dell’aria influisca sulla diffusione e persistenza del Covid. Una nuova ricerca internazionale condotta dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) in collaborazione con la Facoltà di Medicina della prestigiosa Università Complutense di Madrid e l’Università del Sannio, e pubblicata sulla rivista Environmental Research mostra come l’intensità delle infezioni, dei ricoveri e della mortalità del Covid, siano legati anche all’intensità dell’inquinamento atmosferico e all’estensione o meno delle aree verdi. “È un’ulteriore prova che l’ambiente influisce direttamente e in modo rilevante sul nostro stato di salute” afferma il presidente Sima, Alessandro Miani.

È stata analizzata la relazione tra incidenza, ricoveri o decessi per Covid e la presenza di aree verdi pubbliche in 10 città italiane e 8 province spagnole con più di 500.000 abitanti (per l’Italia Roma, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Torino e Venezia). Al netto delle diverse dinamiche di contagio legate alla densità di popolazione, i risultati dello studio mostrano come l’impatto del Covid sia stato inferiore in quelle aree urbane che vantano una maggiore estensione del verde pubblico e minori concentrazioni medie annue di inquinamento. A un incremento di un chilometro quadrato di aree verdi urbane per 100.000 abitanti corrispondono circa 68 contagi in meno tra la popolazione, 1 ricovero risparmiato e 115 decessi evitati.

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