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Il loro nonno Egidio Gimignani, partigiano di San Donato in Poggio, nel comune di Tavernelle (Firenze), fu torturato e sepolto quando era ancora agonizzante dai soldati nazifascisti nel giugno 1944. A distanza di 78 anni i due nipoti, Katia e Sergio Poneti, assistiti dall’avvocato Iacopo Casetti, hanno avviato una causa contro la Germania, alla luce del fondo di ristoro istituito con il decreto legge 36 del 2022 per risarcire le vittime, o i loro familiari, per crimini compiuti dalle forze del Terzo reich nel periodo tra l’1 settembre 1939 e l’8 maggio 1945.
La prima udienza si terrà a novembre al tribunale di Firenze. “Giustizia e verità per il nostro nonno che lottò per la libertà e la democrazia” spiegano i due nipoti che hanno al loro fianco il Comune di Barberino Tavarnelle, tra l’altro promotore della rete regionale dei comuni toscani colpiti da stragi ed eccidi nazifascisti.
Lo stesso Comune ricorda che Gimignani, un boscaiolo quarantenne, fu catturato il 19 giugno 1944 nel corso di un rastrellamento effettuato dai tedeschi a seguito della morte, avvenuta il 13 giugno, di un soldato tedesco in uno scontro a fuoco. Gimignani fu accusato di far parte del gruppo perché trovato in possesso di un fazzoletto rosso, torturato e infine, quando era agonizzante, lasciato morire in una fossa che i suoi cugini furono costretti a scavare.
La morte avvenne il 20 giugno. “Siamo sempre stati orgogliosi della figura del nostro nonno – commentano Katia e Sergio Poneti – e della sua lotta politica per la libertà e la democrazia, anche se non è stato sempre facile convivere con la ferita costantemente aperta nel cuore di nostra madre”. “Quando abbiamo saputo dell’istituzione del fondo – aggiungono – non abbiamo esitato a decidere di far partire la causa anche se inizialmente era previsto solo il termine di 30 giorni, per questo vogliamo ringraziare lo studio legale che ci segue che ha predisposto gli atti in tempi brevissimi, e anche l’amministrazione comunale di Barberino Tavarnelle per l’attenzione che ha sempre dedicato al caso del nostro nonno”.