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Napoli, Ohio d’Italia Pd e Cinquestelle si giocano tutto nei collegi in bilico

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NAPOLI – Se pensi che Giorgia Meloni arriva da candidata premier in un quartiere come questo, simbolo di lotte da acciaieria, ti dice un militante che ha fatto il professore di matematica, Vittorio. È abbastanza maturo da ricordarsi quando l’altoforno fu spento, nel ’92. Ma l’altra Italia che sembra stagliarsi all’orizzonte deve comunque superare gli scogli di Bagnoli. In tutti i sensi. Mare da Italsider e prati srotolati sull’ex spiaggia, è qui la battaglia fino all’ultimo voto che ormai trasforma Napoli e la Campania nell’Ohio delle consultazioni di domenica. 

Perché tra i seggi contendibili – non pochi, tra Camera e Senato, nel Centro Sud – e che rimettono pesantemente in gioco i Cinquestelle col rischio di incrinare la maggioranza del centrodestra a Palazzo Madama, c’è proprio quello, vastissimo, di Fuorigrotta. In cui ricade il tratto di costa ex industriale dove oggi pomeriggio, dopo le tre, la presidente di FdI chiuderà la sua campagna. 

È il ring in gran parte dei catapultati, seppur di peso: per il centrodestra corre Mariarosaria Rossi ex “badante” berlusconiana; il Pd ha deciso infine di schierare il ministro scissionista Luigi Di Maio; con Azione scende in campo la titolare del Sud Mara Carfagna; mentre a provare il colpo grosso, a sorpresa, per i 5S c’è Sergio Costa, l’ex ministro del Conte I e II, con l’avvocato Domenico Ciruzzi, già autorevole presidente del Premio Napoli, a lottare per i colori di de Magistris e Unione popolare. Il resto della regione, e del Mezzogiorno, riserva altri duelli in bilico, con i pentastellati a sostituire i dem nel gioco dell’alternativa. Come a Giugliano, Acerra, o Caserta, nel napoletano; o a Bari, in Puglia, o a Catania e Ragusa in Sicilia: per la Camera. Oppure come a Torre del Greco, sempre provincia partenopea, o a Potenza in Basilicata, e nella Rossano calabrese. Bagnoli colpisce però anche per il suo sedimento, che non è fatto solo di polveri da bonificare: la leader FdI occupa, con i suoi 400 giovani, i 3 mila militanti attesi, i 30 pullman da mezza Italia, il cuore dell’Arenile. Che era luogo simbolo dei progressisti, la piattaforma esposta al tramonto dove negli anni potevi incrociare dal soul di Enzo Avitabile all’allora stella nascente di Antonio Bassolino, fino all’ultima presentazione dei candidati di Gaetano Manfredi, poi incoronato sindaco del campo largo 5S-Pd, era esattamente un anno fa e sembra un secolo. 

Ed è su questo pezzo di città, per non dire di cultura politica, che si addensano i timori di corpo a corpo con l’antagonismo rosso. Fuochi e scontri che rischiano di riesplodere con gli estremisti post-fascisti, come fu in un’altra vigilia importante: chiedere a Matteo Salvini, 34 persone contuse, tre arresti e tre denunciati nella guerriglia partenopea dell’11 marzo 2017, intorno al suo comizio – quando al Comune c’era de Magistris. Tutto avvenuto lì, stessa Napoli ovest su cui Meloni progetta la spallata, tra lo stadio ribattezzato Maradona e il lungomare che aspetta ancora di rinascere, trent’anni dopo. Ad aprire idealmente la porta a Meloni sarà il patron Umberto Frenna, figlio di un metalmeccanico dell’Italsider, nipote di quell’operaio dell’acciaieria diventato deputato Pci, Edmondo Sastro, e lui stesso “combattente, rivoluzionario che è stato in carcere, amico di vecchi partigiani”. E quindi? “Nessun imbarazzo: l’Arenile è un’azienda con 40 dipendenti, che in piena estate dà lavoro a oltre 130 persone”, spiega Frenna. “E poi c’è l’orgoglio di chi ha costruito in trent’anni una realtà aperta a tutti. Meloni venne un anno fa a presentare il libro, ne rimase affascinata, torna qui, la accogliamo. Poi il mio voto va altrove”. Cioè? “Azione. Peccato lo strappo con Letta”.

Agli ultimi ritocchi la robusta macchina anti disordini: il “dispositivo Meloni” contempla circa 400 uomini, rinforzi dai Reparti mobili di altre regioni, il presidio lungo i vari accessi ai 12mila metri quadri di spiaggia. Dopo l’attacco della leader Fdi a Lamorgese, e gli scontri di 48 ore fa a Palermo, il laboratorio politico Iskra avverte: “A Bagnoli non abbiamo mai temuto di dover cacciare omofobi e xenofobi con mazze e pietre”. Mentre il tweet di Guido Crosetto, fondatore di FdI e alter ego di Giorgia, evidenzia “una mobilitazione straordinaria di centri sociali per scatenare l’inferno domani a Napoli. Ecco cosa intendono per democrazia”. Ma le urne ormai aspettano. Sono oltre lo scoglio di Bagnoli. 

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