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Tornare a casa per votare? “Troppo caro, chi ce lo fa fare?”: gli studenti fuorisede a Milano che disertano le elezioni

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Chi non vola non vota. E dei 65 mila studenti e studentesse fuorisede che vivono a Milano sono pochi quelli che volano – o che scelgono il treno – per tornare a casa a votare. Tutte le voci concordano sul fatto che dover rincasare per esprimere il proprio voto non è conveniente. E c’è anche chi pensa che – viaggio a parte – non valga comunque la pena di votare. Melissa, 25 anni, che studia Lettere in Cattolica, non tornerà a Procida questo weekend: “Ho provato a informarmi, ma non mi sento rappresentata né ascoltata. Noi giovani non siamo stati inseriti nelle agende politiche. Non faccio il viaggio della speranza per mettere una crocetta sul nome di qualcuno a caso”. Si aggiungono poi la distanza, i prezzi alti e le ore contate fra sabato e domenica che non incoraggiano i fuorisede a muoversi.

“Saprei anche chi votare, ma non posso permettermi di fare Milano-Napoli e viceversa in 24 ore. Passerei più tempo sul treno che con la mia famiglia”, confessa Catello, 23 anni, che studia Amministrazione pubblica e Finanza in Bocconi. “Lunedì 26 ricominciano le lezioni e fino a venerdì sono qui in università per studiare. Votare dovrebbe essere un nostro diritto e per me non è giusto doversi spostare: chi studia all’estero mica torna in Italia”. Poco considerati dalla politica italiana, ragazze e ragazzi non credono che il loro voto possa fare la differenza e quindi per loro non ha senso spendere tempo e denaro. Nicola, 19 anni, Economia aziendale e Management in Bocconi, è un altro esempio: “Ci metto più di otto ore per arrivare nel mio paesino in provincia di Catanzaro. Farei giusto in tempo a votare ed è di nuovo ora di rientrare a Milano. Chi me lo fa fare?”

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Tra i fuori sede c’è anche chi si mantiene lavorando nei weekend. “Io cerco di aiutare i miei genitori e, quando non ho lezione, lavoro in un bar vicino al mio appartamento. Ho le mani legate: ho dovuto chiedere un permesso perché voglio votare, ma mi costa fatica e, soprattutto, molto denaro”, dice Francesca, 22, che studia Scienze politiche in Cattolica. “Devo tornare in Sardegna. Sapevo degli sconti e quindi mi sono informata. Ma le condizioni di Ita non sono convenienti, per cui ho comprato i biglietti con un’altra compagnia low-cost”. Infatti, Ita Airways, come altre società di trasporti in Italia, ha messo a disposizione un pacchetto di buoni che agevolerebbero il ritorno: 50% di sconto sui voli nazionali e 40% su quelli internazionali. Ma sono escluse le tasse e i supplementi e le riduzioni non si possono sommare agli sconti già previsti dalla continuità territoriale, come nel caso di Francesca. “Anche se scontati, i biglietti di Ita Airways costavano decisamente troppo e sono concentrati solo sul weekend con orari improbabili”, dice Alessandra, 22, che studia Economia in Cattolica.

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“Votare è fondamentale, ma è comprensibile che ci siano tanti studenti e studentesse fuori sede che non torneranno perché non sono convinti. L’idea di doversi mettere in viaggio poi non aiuta”, dice Janel, 23 anni, che studia Brand Management in Cattolica. “Il governo deve darci la possibilità di farlo anche da qui”. Sono tante le soluzioni proposte per risolvere questo problema senza doversi spostare. “Potrebbero installare un seggio fisico a cui fare riferimento fuori o dentro alle università”, suggerisce Elisa, 22 anni, che studia Comunicazione in Iulm. Oppure “cercando di evitare attacchi da parte di hacker, potrebbero permetterci di votare online attraverso lo Spid o con la Pec” – il messaggio di posta elettronica che ha valore legale – , propone Sofia, 24, che studia Management dei beni culturali in Iulm. Si unisce il suo collega, Tito, 28 anni: “E se non riuscissimo ad avere questo tipo di soluzioni, almeno potrebbero darci la possibilità di votare per due giorni, come si faceva una volta”.

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