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ROMA – “Stiamo cercando di fare una legge in cui tutti si possano riconoscere, almeno in parte. È faticoso e non dà buona pubblicità, ma forse così avremo una buona legge”. Dice così Mario Perantoni, presidente M5S della commissione Giustizia della Camera dove si sta cercando un difficile compromesso sulla legge per disciplinare il fine vita. Non si parla di eutanasia, ma di “morte medicalmente assistita”. Riccardo Magi di Più Europa e Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni sono critici e si battono per il referendum sull’eutanasia. Inoltre ritengono che la prossima data del 13 dicembre, per l’inizio della discussione in aula, rischi di far slittare il voto sulla legge dopo l’elezione del capo dello Stato. In questa settimana, domani e giovedì, proseguirà la trattativa nelle commissioni Giustizia e Affari sociali sugli emendamenti. Ma il centrodestra resta critico.
Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia della Camera
La legge sulla “morte medicalmente assistita”, che non si può chiamare né eutanasia né fine vita, è un tormentone destinato a dividere comunque la maggioranza. Lei però insiste. Perché?
“Intanto mi permetta di dire che non è il caso di parlare di tormentone: insisto perché ritengo sia un tema che deve essere affrontato e, se possibile, risolto. Parliamo di una legge che si propone di dettare regole su quel drammatico passaggio tra la vita e la morte che talvolta può togliere dignità alle persone ed essere fonte di immani sofferenze. La legge vuole dare dignità alla fine della vita mettendola nelle mani delle persone interessate, mi pare una buona ragione per insistere. E poi sarebbe ora che il Parlamento la smetta di demandare certe questioni alla Consulta o alla magistratura ordinaria”.
Dopo la decisione della Consulta ormai del 2019 e le quattro condizioni poste per porre fine a indicibili sofferenze, non le pare che la legge a cui lei sta lavorando sia ancora troppo poco?
“C’è chi dice che si sta facendo troppo, e poi per ogni legge vale il discorso del ‘…si poteva fare di meglio..’, figuriamoci per un testo che lacera le coscienze. A me pare che il testo dia strumenti, fino a oggi negati, per l’autodeterminazione di una persona sofferente. So che questo per molti è troppo poco, ma per altri è moltissimo. Questa materia entra nell’animo di chiunque se ne occupi, anche per i parlamentari che vanno rispettati nelle proprie convinzioni”.
I due relatori, Bazoli del Pd e Provenza di M5S, hanno fatto molte concessioni al centrodestra che hanno irritato Magi e Cappato. Erano concessioni proprio necessarie?
“Da Magi e da Cappato mi aspetterei anche condivisione rispetto al contesto nel quale ci muoviamo, che è durissimo, visto che la legge è lì in attesa da anni perché evidentemente in passato il Parlamento non ha voluto farla…. Loro fanno la loro parte politica, lanciati nell’iniziativa referendaria, un bene coinvolgere i cittadini, ma sanno che in Parlamento occorre mediare: non è un tema da portare avanti a colpi di maggioranza”.
Per esempio il via libera all’obiezione dei medici non creerà un nuovo caso come per l’aborto?
“Questa legge farà discutere comunque. Non posso che augurarmi che in concreto vi siano persone che comprendano appieno il percorso di sofferenza che spinge un essere umano a chiedere la propria fine, la cronaca non risparmia i racconti di tante vite. Mi pare che anche buona parte della Chiesa abbia ben capito di cosa si sta parlando”.
L’impressione – le confesso – leggendo il testo attuale è che vi siano più clausole che non certezze, un iter sofferto che dovrà essere affrontato da chi già ha preso la terribile decisione di porre fine alle sue sofferenze…
“Lo ha appena detto, è una sua impressione. Alcuni passaggi sono necessari per garantire tutti, dal malato, ai suoi cari, ai medici. Ovviamente ci siamo posti il problema di trovare binari entro cui tutto possa essere fatto evitando incertezze normative, ma garantendo a determinate condizioni che chi non vuole più soffrire possa essere aiutato. Sarà un passaggio epocale per l’Italia, per questo sento di dire ai miei colleghi: concentriamoci su questo, non pretendiamo la legge migliore di tutte sennò rischiamo di non avere nessuna legge”.
La seduta del 13 dicembre in aula alla Camera a cosa porterà? Solo la discussione generale e poi un rinvio sine die a dopo l’elezione del capo dello Stato?
“Solo? Arrivare in aula è un primo passo ma molto importante! È possibile che si dovrà aspettare ma una volta che il testo è in Aula si andrà avanti, questo è quello che conta”.
Ma se il centrodestra non vota alla Camera poi che succede al Senato con numeri diversi? Finisce come la legge Zan?
“Questo è un tema che riguarda tutti e mi auguro che non venga strumentalizzato com’è successo purtroppo con la legge Zan. Noi stiamo lavorando perché il testo trovi la disponibilità ampia proprio per garantire anche un passaggio rapido al Senato. Stiamo cercando di fare una legge in cui tutti si possano riconoscere almeno in parte. È faticoso e non dà buona pubblicità, ma forse così avremo una buona legge”.
C’è un altro tema fortemente divisivo per la maggioranza che lei sta trattando, l’ergastolo ostativo, pensa di farcela a chiudere su un testo o anche in questo caso sarà rinvio?
“Sono relatore del testo, ho messo a punto una base di discussione che mi pare possa essere una garanzia di rispetto dei valori ai quali ci richiama la Consulta e al contempo di rigore e fermezza verso chi compie gravi reati di mafia. Spero di farcela”.
Però anche in commissione le voci di Caselli e di Di Matteo hanno bocciato aperture e concessioni che suonano come un regalo alla mafia. Per non parlare del no di Maria Falcone al sì della Consulta su una liberazione anticipata anche senza la collaborazione…
“Sono state voci importanti nella fase istruttoria che hanno richiamato con la loro autorevolezza il significato dell’ergastolo ostativo: proprio ispirandosi a loro abbiamo proposto un testo base che non vuole indebolire il presidio dello Stato contro l’illegalità. A breve arriveranno le proposte emendative e poi lavoreremo con il massimo impegno”.
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di
Liana Milella
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