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“Probabilmente il Sars-CoV-2 diventerà innocuo come un raffreddore, ma ci vorranno almeno 10 anni”: è il parere di un luminare nel campo dell’immunologia e virologia, Paul Offit, direttore del Vaccine Education Center del Children’s Hospital di Philadelphia, coinventore di un vaccino contro il rotavirus e membro esterno della Fda.
Professor Offit, ieri Andrew Pollard dell’Oxford Vaccine Center si è detto ottimista riguardo all’impatto della variante Omicron. Lei condivide l’ottimismo?
“Sì, sono d’accordo con Pollard e credo che gli attuali vaccini saranno sufficienti. Se guardiamo il primo ceppo, quello chiamato ‘Wuhan 2020’ che è stato usato per sviluppare i vaccini, quello non era il virus che ha lasciato la Cina. A uscire dalla Cina, attraversando Asia, Europa e Stati Uniti, uccidendo centinaia di migliaia di persone, è stata la prima variante, la cosiddetta variante D614G. Quella fu poi sostituita dalla variante Alpha, più contagiosa, e quest’ultima è stata rimpiazzata dalla variante Delta, ancora più contagiosa. In tutti questi tre casi di varianti, i vaccini hanno finora protetto dalle forme gravi di Covid, e ci sono tutte le ragioni per credere che continueranno a farlo”.
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Però intanto il virus sta mutando. Jinal Bhiman del gruppo sudafricano che sta studiando Omicron mi ha detto che questa variante condivide solo 3 delle mutazioni caratteristiche della Delta.
“In tutti i discorsi che stiamo facendo sul virus, a parer mio, parliamo fin troppo di anticorpi – come è giusto – e però spesso tralasciamo di le cellule della memoria immunitaria, come i linfociti T della memoria. Lo scopo fondamentale dei vaccini è quello di prevenire non l’infezione asintomatica o l’infezione con lievi sintomi, ma la forma più grave della malattia. E questo effetto viene mediato soprattutto dalla memoria immunitaria, comprese le cellule T, che nella sua risposta è più generalista degli anticorpi, ovvero è capace di rispondere a molte possibili varianti. Ecco perché penso che, nonostante tutta l’ansia e le iperboli che vediamo sui media riguardo alla variante Omicron, credo che ci siano tutte le ragioni per pensare che si comporterà come le altre varianti, ovvero che i vaccini basteranno a proteggerci dalla forma grave della malattia. Cosa che del resto si sta già vedendo in chi è stato contagiato da Omicron e che, proprio perché vaccinato, sta bene”.
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Quindi Omicron, che sembra più trasmissibile di Delta, non dovrebbe essere più grave?
“Ciò non mi stupirebbe. Finora si sono succedute varianti sempre più contagiose, ma non più letali – grazie ovviamente ai vaccini. Non è nell’interesse del virus, per così dire, diventare più virulento: per il virus non è un vantaggio ucciderci. Prendiamo il virus del raffreddore: ecco, quello è un virus che ha raggiunto la perfezione: si diffonde moltissimo, ma non fa particolari danni ai suoi ospiti, e in questo modo continua a esistere indisturbato. La variante Omicron sembra diffondersi più di Delta ma sembra meno nociva, anche se per ora i casi descritti sono di persone giovani e in buona salute. Del resto gli altri quattro coronavirus umani, anch’essi arrivati a noi dagli animali, e identificati negli anni 60, sono diventati meno virulenti nel tempo. Oggi non sono più pericolosi e danno sintomi simili al raffreddore”.
Quanto tempo potrebbe volerci per un esito così benigno anche per il Sars-CoV-2?
“Non è facile da prevedere, ma credo non prima di 10 anni. Forse una ventina”.
Quali sono le cose più importanti da scoprire riguardo a Omicron?
“Una cosa importante, che si sta facendo, è prendere il siero dei vaccinati e capire se e quanto, in laboratorio, neutralizza il virus”.
Torniamo al presente: Pfizer ha detto che può abbreviare da 100 a 31 giorni il tempo per realizzare un nuovo vaccino calibrato su questa variante, se sarà necessario. Quindi, anche alla luce di progressi come questo nella lotta al virus, possiamo dire che siamo in una situazione del tutto diversa da due anni fa?
“La tecnologia mRNA è molto versatile e rende facile sviluppare nuovi vaccini. Ora abbiamo già identificato il codice genetico della proteina Spike di questa nuova variante, e quindi è solo questione di avviare la produzione di massa. Sappiamo già come produrre il vaccino e come distribuirlo. Quindi questa volta possiamo rispondere molto prima e molto meglio di quanto sia mai stato fatto finora con gli altri vaccini”.
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Secondo lei la terza dose ci aiuterà contro Omicron?
“Io, insieme ad altri consulenti della Fda, sono scettico sulla terza dose generalizzata a tutti. È vero che aumenta la risposta immunitaria, ma andrebbe riservata alle fasce più a rischio, come gli anziani o chi lavora nella sanità. Focalizzare tutta l’attenzione sulla terza dose fa perdere di vista la necessità – ben più cruciale per fermare la pandemia – di vaccinare i non ancora vaccinati. Inoltre parlare di necessità della terza dose, come se i vaccini avessero già perso la loro efficacia, rischia di rafforzare i No Vax nel loro ritenere inutile il vaccino. Poi siccome non sappiamo ancora se Omicron richiederà una nuova formulazione del vaccino, nei sani le terze dosi oltre a non fare la differenza, potrebbero interferire con l’efficacia di un nuovo tipo di vaccino calibrato su Omicron, depotenziandolo”.