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Presunzione d’innocenza, arriva il “gognometro” contro magistrati e giornalisti

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Magistrati e giornalisti attenti, arriva il “gognometro”. Lo strumento che vuole scoprire il (presunto) tasso di gogna mediatica che si nasconde nell’informazione italiana. Tanto spazio agli arresti, quasi nessuno alle assoluzioni, è il punto di partenza. L’inchiesta finisce in fumo? E allora non è una notizia. Questo al deputato Enrico Costa di Azione non va giù. E proprio per questo ha inventato il “gognometro” dopo aver fatto la battaglia sulla legge per la presunzione d’innocenza che entra in vigore il 14 dicembre. Lui la considera la sua Bibbia. Ed è intenzionato a farla rispettare. A tutti i costi. Non gli bastava quel successo, frutto di una campagna che è partita a marzo e che è durata settimane, d’ora in poi “misurerà”, notizia per notizia, gli spazi dati all’esplosione di un’inchiesta, magari con tanto di manette, e quelli successivi in caso di assoluzione. Il suo “gognometro” funzionerà tutte le volte che un processo finisce in fumo, e lui andrà indietro nel tempo per vedere quante colonne o quanti minuti di Tg o quanto spazio sui siti è stato dedicato alla news dell’arresto o dell’iscrizione sul registro degli indagati, e quante righe invece ha meritato l’assoluzione oggi.

La presunzione d’innocenza diventa legge. Conferenze stampa dei procuratori solo con un “atto motivato”

di

Liana Milella

05 Novembre 2021

Non è certo un passatempo, quello di Costa, perché – state attenti – l’ex sottosegretario e ministro berlusconiano ha un duplice obiettivo. Ottenere, nella prossima legge sul Csm e sull’ordinamento giudiziario, di condizionare la carriera delle toghe. Sulla quale, per Costa, dovrebbe avere un peso determinante anche un’indagine che poi si conclude con un nulla di fatto. Tante assoluzioni? Niente carriera, si resta al palo. Quanto ai giornalisti lo spauracchio è finire in mano al Garante della Privacy.

Ancora ieri Costa lo ha chiesto alla Camera con un ordine del giorno su cui però ha avuto la peggio, perché Francesco Paolo Sisto, suo ex collega di partito e oggi sottosegretario alla Giustizia con Marta Cartabia, si è messo di traverso. Ma la richiesta di Costa era perentoria: “Il direttore o il responsabile della testata giornalistica, radiofonica, televisiva o online che non dia pubblicità alla sentenza di assoluzione o di proscioglimento, ovvero non lo faccia con le stesse modalità e la stessa evidenza data alla notizia dell’avvio del procedimento penale o alle dichiarazioni, informazioni e atti oggetto del processo” finisce nelle mani del Garante della privacy che si regolerà di conseguenza.

Non è affatto ironico Costa quando spiega che “il gognometro è lo strumento che d’ora in poi misurerà il livello di gogna mediatica nell’ambito di un procedimento penale”. E come si calcola questa gogna? Risposta subito pronta: “Il risultato si ottiene facendo la differenza tra lo spazio e il risalto dato alle indagini, alle dichiarazioni, alle conferenze stampa, all’uscita di verbali e intercettazioni, a volte pruriginose, rispetto poi alla notizia dell’eventuale assoluzione dell’imputato, che ovviamente arriva anni dopo”. 

Siamo al super garantismo portato alle estreme conseguenze. Un garantismo che, secondo Costa, è scritto ben chiaro nella Costituzione, “nessuno è colpevole fino alla sentenza definitiva”, e nelle decisioni della Corte dei diritti umani di Strasburgo. Nonché in questa direttiva sulla presunzione d’innocenza del 2016 che “l’Italia ha recepito ben 5 anni dopo”. E solo perché lui ne ha sollecitato la discussione.

Presunzione d’innocenza, Albamonte contro Costa: “È una norma manifesto che produrrà solo danni”

di

Liana Milella

06 Novembre 2021

Dai principi Costa passa ai fatti, e ogni giorno li tuitta. Due giorni fa ecco la storia di Cesa, l’ex segretario dell’Udc. “Un quotidiano ha dedicato alla perquisizione a casa dell’allora segretario in carica dell’Udc Cesa, il 22 gennaio 2021, durante la crisi del governo Conte, sei pagine. A novembre, quando Cesa da impuntato è passato allo stato di prosciolto, quello stesso quotidiano ha dedicato a Cesa 19 righe in un angolino a pagina 13”. Inutile spiegargli che – ovviamente – le regole del giornalismo sono queste, un intervento giudiziario come quello su Cesa fa notizia, soprattutto se incide sulla crisi politica in atto. Ma se poi tutto si sgonfia la notizia non c’è più. Costa non è affatto d’accordo, anzi si arrabbia: “Ma come? Ma vi rendete conto? Di casi di scuola come questo ce ne sono tutti i giorni, e non riguardano solo esponenti politici, ma imprenditori e semplici cittadini che vengono sbattuti in prima pagina, e la vera sentenza diventa la notizia dell’indagine, mentre la sentenza vera arriverà dopo anni, e non interesserà più nessuno”.

Proprio così. Ma Costa vuole sfruttare la doppia anima del governo – Pd, M5S e Leu da una parte, Lega e Forza Italia dall’altra – per ottenere risultati a suo favore. La presunzione d’innocenza – che impone ai magistrati e quindi anche agli investigatori conferenze stampa solo se c’è “un interesse pubblico” – l’ha già ottenuta. Adesso vuole trasformare quei principi in possibili “punizioni” per chi non rispetta le regole che ormai sono scritte.

A Repubblica Costa spiega la sua strategia: “Mi muoverò su due fronti. Sul passato e sul presente. Ogni volta che un imputato, anche poco noto, sarà assolto, il “gognometro” entrerà in azione perché io andrò a verificare con quanto spazio è stata data la notizia dell’arresto oppure dell’apertura dell’indagine”. Il deputato che ha lasciato Forza Italia da responsabile Giustizia per passare con Carlo Calenda, sta predisponendo dei modelli che saranno pubblicati in rete, e verranno distribuiti a parlamentari e avvocati. “Ma anche i cittadini – dice Costa – potranno scaricarli e segnalare eventuali anomalie”. Si può già immaginare la pioggia di proteste che pioverà su via Arenula e nelle mani del Garante della privacy.

Ma la legge sulla presunzione d’innocenza – che più di una toga ha criticato – gli darà manforte. Costa, come un poliziotto al lavoro 24 ore su 24, verificherà anche le eventuali conferenze stampa che si tengono nei palazzi di giustizia. “Più di un magistrato sta cercando di mettere nel ridicolo questa legge – dice il deputato di Azione – sostenendo che comunque esisterà sempre un interesse pubblico nel dare le notizie. Ma non è affatto così perché la norma prevede che ci voglia un atto per fare le conferenze stampa e per autorizzare la polizia giudiziaria. Ci deve essere sempre un interesse pubblico. Io propongo, a chi crede nel principio della presunzione d’innocenza, di far partire un controllo sociale anti elusione”. Et voilà… così, per difendere il presunto innocente, adesso parte la caccia al presunto colpevole.

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