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Processo in Vaticano: “Marogna spese per sé 436mila euro della Chiesa”. E Becciu all’angolo: “Mi offrii di restituire io la somma”

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La gendarmeria vaticana ha dettagliato i propri sospetti sui fondi che la Segreteria di Stato, all’epoca in cui Sostituto agli affari generali era Angelo Becciu, ha versato sul conto di Cecilia Marogna, ricostruendo che i soldi, stanziati per operazioni di intelligence, finivano in spese per abbigliamento, cosmetici, mobili, articoli da supermercato. E anche l’affitto di una casa a Cagliari e la scuola per la figlia. Il cardinale Becciu si è difeso, riferendo di avere dato la propria disponibilità a rifondere con soldi propri le casse della Segreteria di Stato. 

Sloane avenue e gli altri due filoni

Nel tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone, ex procuratore capo di Roma, si è svolta oggi la 28esima udienza del processo incentrato sulla compravendita-truffa di un palazzo a Sloane avenue, al centro di Londra. Le indagini della magistratura vaticana, innescate dalla denuncia del Revisore generale dello Stato pontificio e dai vertici dell’Istituto per le Opere di religione (Ior), hanno però tentato di fare luce su altri due filoni: i prestiti e le donazioni alla diocesi sarda di Ozieri, da dove viene Becciu, tramite una cooperativa nella quale lavorava suo fratello, e i rapporti con Cecilia Marogna. In diverse dichiarazioni alla stampa, nel corso del tempo, la donna ha affermato di essere stata ingaggiata da Becciu per risolvere alcuni intrighi internazionali, come ad esempio la liberazione nel 2021 in Mali di una suora, Gloria Cecilia Narvaez Argoti, rapita nel 2017. 

“Quella donna si comportava fuori da ogni logica”

Chiamato dall’accusa, presieduta dal promotore di giustizia (procuratore) Alessandro Diddi, oggi ha testimoniato Stefano De Santis, dirigente della gendarmeria vaticana. Il militare ha fornito i dettagli delle indagini svolte su questi due filoni secondari del processo, svelando qualche retroscena. De Santis ha ricostruito le spese fatte in 20 mesi da Marogna con 436mila euro sui 575mila che le erano stati versati dalla Segreteria di Stato, tramite la società slovena Logsic, in teoria per le sue attività di intelligence: abbigliamento, cosmetici, mobili, affitto della casa a Cagliari, articoli da supermercato, profumeria, la scuola della figlia e altre voci. Il gendarme ha inoltre mostrato come la donna postasse su Facebook le foto di soggiorni a Ibiza, Bormio, alle Terme di San Pellegrino, così come delle sue visite nell’abitazione vaticana di Becciu con commenti come: “Sentirsi a casa. Il mio paradiso”. Secondo De Santis, ancora, quando monsignor Alberto Perlasca, ex responsabile dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e oggi – non imputato – grande accusatore di Becciu, riferì al cardinale l’interessamento dei magistrati vaticani sui soldi versati a Marogna, Becciu esclamò: “Che porci!”. Secondo De Santis, Cecilia Marogna si comportava “fuori da ogni logica”. 

Quando il cardinale chiese di tutelare Marogna

De Santis ha riferito anche di un incontro che, insieme al comandante Gianluca Gauzzi Broccoletti, ebbero con Becciu, nella sua abitazione, il 3 ottobre del 2020, ossia pochi giorni dopo che, il 24 settembre 2020, Papa Francesco licenziò Becciu come prefetto della congregazione per la Causa dei Santi togliendogli contestualmente i diritti legati al cardinalato. “Gli facemmo capire che Cecilia Marogna ha ricevuto così tanti soldi in cui lui era l’ordinante dei bonifici tramite mons. Perlasca e che di questo il nuovo sostituto, mons. Pena Parra, nulla sapeva”, ha ricordato il gendarme. “Stia attento cardinale Becciu – gli dicemmo – perché questa cittadina sta utilizzando i soldi diversamente da quelli previsti nella causale dei bonifici”, che erano per presunte “missioni umanitarie”. Becciu, secondo De Santis, “ci chiese di tutelare Cecilia Marogna, di non fare niente, perché, disse, ‘si procurerebbe un grave danno a me e ai miei familiari’. Ci chiese quanti soldi avesse spesso la signora Marogna e disse che avrebbe dato ordine, tramite il proprio conto personale allo Ior, di rifondere quel denaro alla Segreteria di Stato”. 

I 125mila euro su un conto “promiscuo”

Secondo capitolo affrontato da De Santis, quello di 125mila euro indirizzati in due tranche dalla Segreteria di Stato a Ozieri. In particolare, il dirigente dei gendarmi ha affermato che il conto su cui quei soldi finirono – dopo un lungo giro di mail tra Vaticano e Sardegna – non era uno degli undici conti correnti ufficiali della diocesi, ma un conto “promiscuo”.

La difesa del porporato sardo

Il cardinale Becciu, imputato nel processo, ha preso la parola a fine udienza per difendersi con una dichiarazione spontanea. Il porporato sardo ha precisato che non fu lui a richiedere l’incontro con i due gendarmi. L’incontro avvenne dopo che egli li aveva chiamati per esprimere la propria amarezza in merito alle notizie che in quei giorni venivano pubblicate su fondi partiti dal Vaticano verso l’Australia con l’ipotesi – “falsità” – di influenzare il processo a carico di George Pell, cardinale da sempre in rotta con Becciu. “Vennero”, ha detto Becciu, “e la prima cosa che mi dissero fu: ‘Questo incontro deve rimanere segreto, non lo deve dire a nessuno, perché sentiamo di venire meno al nostro dovere professionale’. Per cui sono sorpreso che se ne parli ora”. Quando sentì parlare di Cecilia Marogna si mise “le mani ai capelli”, ha proseguito Becciu, “perché c’era il rischio che questa notizia venisse pubblicata perché era una operazione (la liberazione della suora in Mali, ndr.) di cui eravamo al corrente solo il Santo Padre ed io. Non era per i miei famigliari”. E “quando mi dissero che i soldi utilizzati dalla signora Marogna non erano stati utilizzati per finalità proprie ho detto: ‘Sono pronto a dare quello che ho io e rifondere la Segreteria di Stato, perché se i soldi sono stati utilizzati male è colpa mia’. Mi bloccò il comandante: ‘Lei non ha colpa, lei è stato truffato’. Io i soldi li ho procurati, sono stati dati alla signora perché incaricata di mandare avanti un’operazione di cui erano a conoscenza il Santo Padre e il sottoscritto”. Il cardinale, hanno chiosato i suoi avvocati, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, “ha ribadito ancora una volta il carattere segreto dell’intera operazione di sicurezza, che ha cercato di conservare in ogni modo, nel superiore interesse della Santa Sede e del Santo Padre”. 

Le tappe del (lungo) processo

Iniziato a luglio del 2021, il processo vaticano è arrivato ora alla fase di ascolto dei testimoni. La pubblica accusa ha chiesto di sentire oltre 40 persone, le difese e le parti civili devono ancora formalizzare le loro richieste. Non è escluso che alla fine sfileranno nell’aula organizzata in un’ala dei Musei vaticani 200 testimoni e il processo si prolunghi per diversi mesi. 

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