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Università, la rivolta degli studenti: “Aule troppo piene, ridateci la Dad”

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Tutti in aula, anzi no. C’è chi ascolta la lezione fuori dalla porta, chi seduto per terra. E chi rinuncia e torna a casa o si collega in streaming laddove è permesso, e lo fa pure dal corridoio. Il ritorno dell’università in presenza si porta dietro un problema atavico del sistema universitario: le aule sovraffollate. Se a questo si aggiunge il caro affitti per i fuorisede siamo di nuovo al diritto allo studio in ginocchio.

“Dateci spazi per studiare”

Gli studenti sono scatenati nella protesta, le denunce con foto corrono su Instagram a Milano, Roma, Verona, Napoli, Lecce, Bari, Perugia, un po’ in tutti gli atenei. “Dateci spazi per studiare, nulla è stato fatto nei due anni di pandemia. E non si utilizzi la Dad per ovviare al problema”, reclamano Udu e Link. Ma nel tam tam social, molto su Telegram, cresce la voce di chi chiede un ritorno alla didattica mista. Spuntano gruppi come “Sapienzamista”, oltre 300 firme sono state raccolte all’università dell’Aquila per “chiedere il ripristino della didattica a distanza, o in alternativa lezioni registrate” anche per le studentesse madri. Altre petizioni a Bologna, a difesa del diritto allo studio di chi lavora, ha figli o è caregiver, e a Pisa: “Vincere questa battaglia significa garantire un futuro a tutti, soprattutto a chi non ha i mezzi o il modo di vivere al di fuori della propria città”.

“Con la Dad abbattiamo le spese”

Questo il punto: più economico e meno faticoso seguire le lezioni da casa. Il Gruppo universitari per la didattica integrata, nato a Torino e che conta quasi 14mila iscritti, precisa: “Non siamo pigri, la normalità era il problema”. Ed è pronto a dare battaglia: “Chiederemo che la Dad venga mantenuta come integrazione per tutti gli studenti che, per un motivo o per un altro, non possono essere in aula per lezioni ed esami”. Sono gruppi minoritari, ma a preoccupare dietro alla richiesta di avere strumenti differenziati per la didattica è che passi una cultura del “tanto è uguale”: accendo un pc o vado in aula. Un rischio che i rettori vogliono scongiurare, in gioco c’è l’identità dell’università. Si corre ai ripari, si cercano aule, l’ha promesso di recente la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni: “Gli spazi sono una priorità”.

“Didattica in presenza sostenibile”

La Federico II oggi inaugura la nuova sede a Scampia, ma nel centro storico di Napoli i corsi scoppiano: “Un problema strutturale, in questi due anni è stata persa l’occasione di investire per permettere un ritorno in strutture adeguate”, osserva Cristina Trey, voce di Link Napoli. Giovanni Sotgiu di Udu mette in guardia dal “rischio che chi ha conosciuto solo la Dad si disabitui alla presenza”. A fronte dell’emergenza aule l’Alma Mater ha rivisto l’organizzazione degli spazi. “È giusto chiedere una didattica in presenza sostenibile – spiega il prorettore agli studenti Federico Condello – Chi vuole la Dad ha usato il sovraffollamento delle aule come argomento, ma la richiesta più forte degli studenti è: non rimandateci a casa. Passata l’emergenza, non mantenere la Dad significa fare una scelta precisa sull’identità dell’università pubblica”.

“A Milano cresciuti gli iscritti”

Alla Statale, quando l’aula è piena scatta lo streaming. “Investire in spazi e docenti”, insiste Giovanni Colombo della Rete della conoscenza a Milano. Il rettore Elio Franzini guarda ai numeri più elevati del 2019: “Il motivo? Sono cresciuti gli iscritti ed è come se la chiusura in presenza degli atenei avesse reso più evidente l’università come luogo di aggregazione”. Il fenomeno non è solo milanese e riguarda soprattutto i corsi umanistici. “Lo streaming generalizzato fa perdere l’esperienza universitaria – continua Franzini – e rischia di trasformarci in università telematiche”. Per questo i rettori tengono la barra dritta contro la Dad. “Però ha senso non buttare via tutto, vanno create forme di didattica nuova per studenti lavoratori e per i più fragili, malati e disabili”.

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