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Da 500 somministrazioni al giorno a oltre il triplo, cioè 1.870. Con la salita della curva epidemica è cresciuto anche l’utilizzo di anticorpi monoclonali. Al momento si tratta degli unici farmaci disponibili tra quelli nati esclusivamente per combattere il virus. Sono destinati a coloro che rischiano di sviluppare una malattia grave perché hanno condizioni di salute precarie ma devono essere somministrati poco dopo l’infezione, quindi quando ancora non si sa se quella persona avrà poi problemi importanti. Teoricamente quindi coloro a cui vengono somministrati dovrebbero essere pazienti che hanno avuto in via prioritaria il vaccino, anche se ci sono dei fragili che non hanno ottenuto coperture.
L’Italia, dopo non poche polemiche legate alla mancata autorizzazione di Aifa a fronte di quella che qualcuno indicava come un’offerta di fornitura gratuita da parte dell’azienda Eli Lilly ma che non sarebbe mai stata formalizzata in quella forma, ha approvato i monoclonali nel marzo scorso. Le somministrazioni sono state in tutto 19.386. La regione in testa per il maggior utilizzo è il Veneto, con 3.703 persone inserite nei registri di monitoraggio. Seguono Lazio (2.903), Toscana (2.463) e Lombardia (1.297). C’è chi ne ha invece usati pochissimi, meno di 300 e si tratta prevalentemente di realtà locali piccole: Calabria, Umbria, Basilicata, Sardegna, Provincia di Trento, Molise, Provincia di Bolzano.
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E’ l’agenzia del farmaco Aifa a tenere il registro delle richieste e delle somministrazioni di questi medicinali. Come detto dopo l’estate, con la malattia che circolava molto meno, se ne usavano abbastanza pochi. L’agenzia calcola anche quanti ne vengono usati rispetto al numero di nuovi infetti. Circa il 2% dei nuovi positivi hanno ricevuto in queste settimane i monoclonali. Nell’ultima considerata, dal 26 novembre al 2 dicembre, il dato è più basso, cioè 1,73%. Non è chiaro se sia legato ai centri che hanno fatto meno richieste o al fatto che ci sono stati meno pazienti che rischiavano una progressione pesante della malattia da trattare.
La domanda a cui ancora non è possibile rispondere è se i monoclonali, molto attesi e che continuano ad arrivare sul mercato, stanno cambiando la storia della malattia.
Francesco Menichetti, delle malattie infettive di Pisa, ha curato circa 400 pazienti nel centro che ha diretto fino a poche settimane fa. “I risultati sono confortanti. Aiutano nella gestione dell’infezione precoce evitando ospedalizzazioni, Covid grave. Riscontro tangibile”. Però sull’andamento epidemico non si vedono effetti. “E’ difficile cogliere un fenomeno limitato. Se finora hai usato meno di 20mila trattamenti in tutta Italia è impossibile vedere qualcosa. C’è scarsa attenzione nei confronti di questa possibilità terapeutica e scarsa organizzazione, perché è necessario intervenire presto. Chi è organizzato ad esempio con i medici di famiglia che segnalano i casi precoci, riesce a somministrarli. Purtroppo non si tratta di un antivirale orale ma va dato in ospedale a persone selezionate. Tra l’altro se si lasciano in frigo senza utilizzarli scadono, cosa che per molti lotti succedrà a gennaio febbraio”. L’Aifa ha comprato 40mila dosi da marzo 2021 e fino ad ora ne sono state usate la metà.
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Elena Dusi
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