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Atreju, Letta da Meloni strappa anche applausi: “Senza Draghi maggioranza a rischio”

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ROMA – Che tra i due leader ci fosse del feeling, è noto da tempo: non si contano più i dibattiti, gli incontri pubblici e le presentazioni di libri a cui hanno partecipato, insieme, trovandosi spesso d’accordo. Come invece non accade, per entrambi, con Matteo Salvini. Ma che nella tana nera del lupo, Enrico Letta versione cappuccetto rosso riuscisse a strappare applausi e persino qualche “bravo”, beh è questa la vera novità della serata di Atreju, la kermesse di Fratelli d’Italia organizzata a due passi da San Pietro per celebrare i fasti di un partito piccolo diventato grande.

Occasione utile al segretario del Pd per lanciare l’allarme sulla prosecuzione della legislatura in caso di trasloco di Mario Draghi al Colle: “Non so se questa maggioranza andrebbe avanti dopo di lui. So che è una maggioranza molto difficile, fa fatica a stare insieme e se lo stiamo stati fin qui è stato per grande senso di responsabilità da parte di tutti”, scandisce Letta, mandando in visibilio i tifosi del voto subito.

Sotto un tendone pieno di gente come se il Covid fosse solo un ricordo, tanti giovani e qualche vecchio camerata tirato a lucido, Giorgia Meloni fa gli onori di casa, felice di accogliere l’inquilino del Nazareno, non il primo e neanche l’ultimo dei capi partito invitati alla corte della reginetta dei sovranisti. “Enrico siediti”, gli dice spiccia, riconoscendogli di essere “un antesignano della festa”, anche se è la sua prima volta da segretario del Pd. Un debutto che a lui non dispiace, anche se preferisce mettere le mani avanti: “Stasera devo dare l’impressione di non essere troppo in sintonia con Giorgia che sennò chissà che si inventano. Qua è partito un film, che è divertente ma non è vero”, sorride.

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Premessa doverosa prima di salire sul ring, dove Bruno Vespa e Maurizio Belpietro, direttore della Verità, l’aspettano per tempestarlo di domande. A cui Letta non sempre risponde, specie se si tratta di Quirinale. Mentre va dritto al punto sui temi più scomodi. “La chiarezza sui legami del passato e i giudizi sul passato in Europa è molto importante”, scandisce il segretario dem quando gli chiedono del pericolo neofascista. “Affrontare questo passaggio serve a voi ed è interesse di tutti”. I militanti rumoreggiano, ma l’ospite non si fa intimidire.

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E insiste pure sulla legge Zan, altro argomento divisivo: “Quell’applauso da derby, da gol all’ultimo minuto mi ha dato l’idea che non ci fosse alcuna voglia di mediazione”, s’infervora Letta. “Ma noi abbiamo solo applaudito”, urlano dal fondo. “No, è stata una reazione da curva”, replica il piddino. Gelando la platea. Pronta però a scaldarsi, ma in positivo, quando il segretario dem parla di giovani, dello stop ai tirocini e agli stage gratuiti che devono essere riformati e pagati. Applausi convinti.

Anche quando il leader pd si trova d’accordo con Meloni su alcuni temi a lei cari. La legge elettorale: “Io sono sempre stato per il maggioritario e non ho motivi per cambiare idea”. La candidatura di Berlusconi al Colle: “Credo sia molto in salita”. L’elezione del nuovo capo dello Stato, che deve avvenire “con il consenso più ampio possibile, a cominciare proprio dal coinvolgimento di Fdi”. Addirittura entusiasta, il parterre, quando il capo del partito nemico scandisce: “Nella prossima legislatura andremo al governo solo se le elezioni le vinciamo. L’idea che noi dobbiamo andarci sempre per me è molto negativa”. Esattamente ciò che i “fratelli” pensano da sempre.

Ma qualche disaccordo resta. Su Draghi, che Letta vorrebbe alla guida del governo fino al 2023. E sul voto anticipato, che il Pd respinge, al contrario di Fdi. “Il tempo è scaduto”, guarda l’orologio la padrona di casa. Se ne riparlerà, semmai, un’altra volta.

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